Contestare la propria squadra sembra la moda dell’estate 2013. Brescia, Roma, Napoli: invece di andare in spiaggia gli ultras si divertono a insultare e minacciare allenatori, giocatori e presidenti. Il caso più clamoroso è probabilmente quello del Brescia, con il vice di Giampaolo Fabio Gallo «costretto» a dare le dimissioni dal club lombardo.
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Quando il mercato lo fanno i tifosi (con contestazioni)
Contestare la propria squadra sembra la moda dell’estate 2013. Brescia, Roma, Napoli: invece di andare in spiaggia gli ultras si divertono a insultare e minacciare allenatori, giocatori e presidenti. Il …
Costretto da chi? Ovviamente dai tifosi, che lo reputano colpevole di aver giocato nell’Atalanta, come se fosse una colpa, e aver rilasciato nel momento del passaggio dalle rondinelle ai nerazzurri nel 1995 alcune dichiarazioni contro la tifoseria bresciana (una di queste sarebbe «finalmente trovo una tifoseria vera»). Non è bastato un incontro con tanto di prove (i quotidiani di 18 anni fa) per convincere gli ultras: «Gallo al Brescia né ora né mai», queste le uniche parole che hanno saputo dire nelle ultime settimane. Così Fabio si è tirato indietro, non è voluto arrivare allo scontro, lasciando l’incarico di vice: «In 25 anni di carriera ho sempre dato tutto, mi dispiace non poterlo fare anche qui. Non voglio costituire elemento di turbativa per chi mi aveva affidato questa opportunità».
Il clamore più grande però è arrivato da Brunico, dove la Roma è arrivata ieri per iniziare il ritiro. Non è bastata la contestazione a Trigoria, i tifosi giallorossi dovevano dimostrare di essere dei «duri», così sono arrivati anche in Alto Adige per insultare tutti. Si inizia con uno striscione, appeso poco dopo l’inizio del primo allenamento: «In vacanza di corsa senza chiedere scusa...Per voi il rispetto è una cosa sconosciuta. Indegni». Poi si è passati agli insulti di una trentina di ultras, che nel mirino avevano soprattutto Osvaldo: «Falso», «Vattene», «Piagnone», l’argentino però è uno che non si tira indietro, tanto da rispondere «vi vengo a prendere uno per uno». Non sono stati risparmiati gli altri giocatori, definiti «mercenari, ci avete fatto prendere per il culo da tutta Italia», mentre Balzaretti è stato invitato ad «andarsene a Parigi» e a Pjanic hanno chiesto «Sei contento che ha segnato Lulic? Zingaro, tornatene in Serbia». Peccato soltanto che Pjanic sia bosniaco, ma per questi «tifosi» cambia poco. E forse non ha tutti i torti Garcia quando in conferenza stampa dice: «Quelli che criticano il club e i giocatori non possono essere tifosi della Roma. Quando ami la squadra, devi incoraggiarla. Al massimo sono tifosi della Lazio». A quel punto anche il tecnico francese è finito nell’occhio del ciclone, ma un incontro riappacificatore nel pomeriggio sembra aver calmato le acque.
Anche a Napoli la situazione è tutt’altro che tranquilla. L’evoluzione della vicenda Cavani non sta piacendo ai tifosi partenopei, che non hanno mancato di farlo sapere al presidente. Tanto che a Piazza Municipio è apparso uno striscione, evidentemente indirizzato a De Laurentiis, dal messaggio chiaro e conciso: «Fuori la grana pappone!». I tifosi vogliono che i soldi dalla cessione del Matador vengano investiti tutti e subito, ma forse non sono a conoscenza che i dirigenti azzurri ci stanno già pensando: dopo Callejon, sono in arrivo Julio Cesar e Leandro Damiao. Ma il nervosismo all’interno del club resta, nonostante la grande accoglienza a Dimaro, tanto che non è stato permesso l’accredito stampa al collega Andrea Ramazzotti, inviato del «Corriere dello Sport-Stadio». Fortunatamente però c’è anche chi non ha di questi problemi, come Juve, Milan e Inter (ieri oltre 5000 tifosi presenti a Pinzolo agli allenamenti): tre club condizionati dagli ultras bastano e avanzano.
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