Non siamo tra i più forti, possiamo battere tutte le più forti, ma sarei già contento di superare la fase a gruppi», confessa Cesare Prandelli a Fifa Weekly. Una lunga intervista - riportata stamani da La Gazzetta dello Sport - nella quale il c.t. azzurro parla di tutto, dal Mondiale alla moglie che non c’è più. Piace il suo stile al magazine della Fifa che lo definisce «simbolo di eleganza e stile» .
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“In Brasile un sogno” E ricorda la moglie Manuela scomparsa…
Eredità Trap «Giovanni è sempre stato un modello. Ha dato autostima ai suoi giocatori, anche a quelli meno impiegati. E mantenuto l’entusiasmo in ogni situazione».
In Brasile «Sarei felice di superare il primo turno. Non avrebbe senso caricare di responsabilità una squadra giovane come la nostra, è più intelligente porsi obiettivi realistici. I favoriti sono i soliti: il Brasile. La Spagna che ha dominato negli ultimi anni. La Germania perché ha dato ai giocatori una mentalità vincente. E l’Argentina per la ricchezza di talenti. Colombia e Belgio le possibili sorprese. Noi possiamo creare problemi a tutti».
Italia lenta «La velocità del calcio europeo non è la stessa che in Italia. Storicamente a marzo siamo in buone condizioni, quest’anno no. Come restare in silenzio? Ma non sto criticando nessuno, non conosco le cause. L’obiettivo sarà migliorare la condizione: ho imparato in Confederations che è decisiva. Nelle prime 2 partite 8 giocatori mi chiesero di essere sostituiti, dopo 35’ erano senza fiato».
Codice etico «Voglio giocatori che sentano l’onore di vestire la maglia azzurra: devi conquistarla non solo con la tecnica ma anche col comportamento. Uno che sputi in faccia al rivale o simuli ripetutamente non merita di essere convocato, a prescindere da come gioca. De Rossi? Non credo che per questo perderà il suo carattere. Nessuno ha protestato, neanche Daniele, solo un paio di allenatori».
Non mi piace «Non mi piace l’arroganza e il fatto che tanti si prendano troppo sul serio. Ai miei tempi non era così e, se perdevamo, il giorno dopo non uscivamo da casa per la vergogna. Ci sentivamo fortunati di avere così tanto a 20 anni. Avevamo vite più semplici».
L’uomo Prandelli «Volevo fare l’architetto, ma mia madre disse “prendi il diploma, Cesare”. E mi diplomai geometra. Io all’estero? Ci ho pensato, anche quando Ancelotti mi ha detto che in due anni al Chelsea non ha mai questionato con tifosi. Avevo conosciuto mia moglie a Brescia a 18 anni, lei ne aveva 15: da allora siamo stati sempre assieme fino a quando è scomparsa sette anni fa. Mia moglie ha sempre confortato me e i figli anche se sapeva che stava morendo. Se n’è andata di lunedì, il giorno in cui i calciatori e allenatori riposano. Nei suoi ultimi istanti ci siamo seduti sul letto parlandole: perché i medici ci hanno spiegato che l’ultima cosa che perdono i malati terminali è l’udito. Ci ha permesso di darle quel triste addio con compostezza. Fantastica. Non lo dimenticherò mai».
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