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Pradè – Macia e il grande bluff

UNA BUGIA l’hanno detta. «Per la squadra al completo occorrerà attendere il 31 agosto», testo e musica di Daniele Pradè il giorno della sua presentazione. Non è andata così, per …

Redazione VN

UNA BUGIA l’hanno detta. «Per la squadra al completo occorrerà attendere il 31 agosto», testo e musica di Daniele Pradè il giorno della sua presentazione. Non è andata così, per la gioia di tutti. Per primo di Montella che ormai da giorni ha in mano il 90% della rosa definita. Manca solo una punta, ma arriverà. Presto. Una rivoluzione silenziosa, ma vera, in poche settimane. Circa sette milioni e pezzo spesi, tra entrate e uscite. Tante occasioni colte a parametro zero, l’ultima? Pizarro. Storie di rapporti, di pubbliche relazioni, di crediti da riscuotere. L’abilità di Macia nell’individuare calciatori e nel lavorare sotto traccia, la bravura di Pradè nel trattare. E poi l’ottimo feeling con la Roma, con lo spogliatoio giallorosso, con Sabatini e Baldini. Oggi, l’era Corvino (autore comunque, è bene non dimenticarlo mai, di mercati da applausi), sembra lontana anni luce.

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A fine conferenza Pradè ai giornalisti dice: «Abbiamo siglato due anni di contratto con Pizarro, il primo a 750 mila euro a stagione e il secondo a 800 mila», non accadeva da anni che venissero comunicate le cifre degli ingaggi e dei cartellini. Piccole grande novità, che fanno bene. Soprattutto dopo anni dove tutto veniva tenuto nascosto, facendo sorgere spesso e volentieri dubbi, perplessità, malignità. Che in una città come Firenze rischiano di distruggerti.

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Adesso, per Pradè e Macia, la risposta del campo. Attendendo la cessione di Vargas e quella di qualche altro giocatore, per sfoltire un po’ la rosa e per abbassare un po’ il monte ingaggi. Poi i complimenti saranno totali. E chi ha puntato su questa coppia, con coraggio e abilità, potrà dire di non aver sbagliato. Compreso quel Francesco Totti che questa estate, dalla Sardegna, aveva commentato: «Il più grande acquisto della Fiorentina? Sicuramente Pradè». Campioni si nasce.

Marco Dell’Olio - La Nazione