Il giorno della presentazione rispose con un sorriso e una battuta a chi gli chiedeva un commento per la scritta offensiva apparsa sul muro davanti allo stadio Franchi. «Con la Juve ho vinto ma alla Juve ho anche tolto una Champions». Paulo Sousa non ha sbagliato un colpo da quando è sbarcato a Firenze. E’ chiaro che era arrivato preparato. L’amico Manuel Rui Costa gli aveva raccontato dove stavano i trabocchetti e come dribblarli. Ma lui ci ha messo del suo. Cercando di capire i dubbi dei tifosi e il malessere di una città che fatica ad accettare un ruolo di secondo piano. Su tutti i fronti, calcio compreso naturalmente.
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Paulo Sousa e le tre mosse geniali per Firenze
L'editoriale di Luca Calamai sulla Gazzetta dello Sport di oggi
La prima vittoria è stata quella di allargare la sua panchina a tutto il pianeta viola. «Giochiamo insieme questa sfida» ha chiesto fin dal ritiro di Moena mentre firmava un autografo o si prestava al rito del selfie. E pazienza se Salah se n’era andato, se Milinkovic-Savic aveva scelto la Lazio, se Savic l’incedibile era finito all’Atletico Madrid e se era stato necessario condurre un mercato a costo zero. Lui si è fidato dei Della Valle. E Firenze si è fidata di Sousa. E così dal nulla sono spuntati ventimila abbonamenti. Il primo segnale positivo.
La seconda mossa geniale è stata quella di non cancellare i tre anni di Montella. L’aeroplanino gli aveva lasciato in dote tre-quarti posti in tre anni e un messaggio, consegnato al calcio italiano e cioè che la Fiorentina non aveva la voglia o la forza di continuare a crescere. Un’eredità pesante. Sarebbe stato facile dichiarare chiuso un ciclo ricordando che i tanti elogi per uno stile di gioco non avevano prodotto neppure una Coppetta. Invece Paulo Sousa ha scelto di lavorare su un doppio binario: portare avanti l’idea di un calcio nel segno della qualità aggiungendoci le sue idee. Cioè, più pressing, più cattiveria, più lavoro nella fase difensiva. Borja Valero, uno dei pretoriani di Montella e oggi il simbolo della Fiorentina di Sousa, ha ammesso che la squadra viola su questo fronte doveva applicarsi di più. Oggi la Fiorentina ha una delle difese meno battute d’Europa.
La terza vittoria di Sousa è stata quella di non porsi limiti. Lui, un vincente da calciatore e da tecnico, ha subito parlato di sogni che aiutano a crescere. Senza vendere illusioni ma anche senza considerare una bestemmia la parola scudetto. Il portoghese è un uomo ambizioso, un Mourinho in miniatura e ha trasmesso a tutto il pianeta viola la voglia di alzare l’asticella, di provare ad andare oltre i propri limiti. Una lezione che ha fatto breccia dentro lo spogliatoio e anche in città. Bisogna anche imparare a vincere. Tre mosse, tre indizi, una morale: Paulo Sousa ha convinto tutti. Guardando alla storia di Firenze questo è un vero scudetto.
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