Questa l'intervista realizzata da La Nazione al capitano viola Manuel Pasqual.
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Pasqual: “Ora voglio vincere”
“Con la Fiorentina sono rinato ma ci sono state anche difficoltà” (COMM.)
Settimo anno a Firenze, ora la fascia di capitano. C’è il ‘rischio’ di diventare una bandiera della Fiorentina...
«Sarebbe un onore. Quando sono arrivato pensavo di aver trovato la piazza giusta per dare il meglio. E soprattutto di essere arrivato nella società ideale che mi permettesse di fare solo il calciatore e di non pensare ad altro. Pensare di rimanere così a lungo no, perchè con il calcio moderno siamo abituati a vedere calciatori che cambiano maglia ogni poco».
Ci sono stati anche momenti difficili...
«Qualche anno fa, quando non giocavo e finivo spesso in tribuna ho pensato di andare via. Poi con mia moglie abbiamo deciso comunque di rimanere. Stava per nascere il nostro primo figlio, quindi abbiamo pensato che fare sei mesi di tribuna o un anno cambiava poco. E poi...».
E poi?
«La società non voleva lasciarmi andare; puntava su di me e da quel momento ho capito che avrei potuto chiudere proprio qui la mia carriera».
Possiamo dirlo senza paura, Pasqual, magari tra diversi anni, chiuderà a Firenze la sua carriera...
«Sì, senza dubbio. Inizio ad avere trent’anni (ride, ndr) e la mia volontà è proprio questa. Sarebbe davvero il massimo».
Ha parlato prima di periodi difficili. Che motivazioni dava a queste continue tribune’?
«Sicuramente non ero considerato dall’allenatore se non ero neppure convocato».
D’accordo, ma perchè?
«La spiegazione solo una persona ve la può dare: l’allenatore (Prandelli, ndr) anche perchè io in quel momento mi allenavo al massimo come ho sempre fatto. E anche dopo quello che è successo non ho mai mollato di un centimetro lavorando con impegno. Tutto questo fino a che nella testa dell’allenatore deve essere cambiato qualcosa, tanto da farmi tornare a giocare. Forse davo più garanzie rispetto ad altri...».
Allenatore che adesso casualmente è il ct della nazionale. Un pensierino a tornare in azzurro sotto sotto ce l’ha sempre?
«Per ogni atleta, di qualunque sport, la possibilità di difendere i colori della propria nazione è una gioia immensa. Nel mio caso, complici anche le dichiarazioni del ct, quel piccolo spiraglio che avevo si è definitivamente chiuso».
La sua nazionale è comunque la Fiorentina.
«Non c’è dubbio. Nei primi anni abbiamo raggiunto traguardi importanti e sono convinto che sia iniziato un nuovo ciclo. C’è la possibilità di tornare a far bene e speriamo anche meglio. Siamo sulla strada giusta».
A Firenze la fascia di capitano ha sempre il suo fascino, ma anche una grande responsabilità.
«I giocatori di qualche anno fa continuano a essere un simbolo per il tifoso fiorentino. E’ anche vero che sono stati dei grandi campioni a livello tecnico: da Antognoni a Batistuta a Rui Costa. Io mi sento un po’ il contrario».
Non sia così severo...
«E’ vero. Io non mi sento un campione perchè non lo sono, però mi sento di poter dare una grande mano, di essere un punto di riferimento per gli altri».
Non un aspetto trascurabile, unito alla sua personalità...
«Al di là di questo, la cosa che mi rende felice è l’essere il capitano di una squadra così forte. Dietro la fascia c’è però anche un retroscena...».
Siamo curiosi.
«Chi l’ha indossata negli ultimi due anni è sempre poi andato via... Spero di ritornare sui passi dei vecchi capitani della Fiorentina e poter dire ‘basta non la indosso più perchè smetto’...».
Un passo indietro in un calcio che non esiste più, insomma.
«Si, tornare alle vecchie generazioni di calciatori per le quali la maglia era davvero tutto».
Magari con il giro d’onore all’ultima partita giocata...
«Sarebbe bellissimo, anche se ogni tanto le soddisfazioni sono venute fuori comunque».
A cosa si riferisce?
«Alla gara con il Cagliari in casa».
Quella subito dopo la vittoria di Genova con i rossoblù, battuti dopo trent’anni con una sua rete?
«Si proprio quella. Eravamo reduci appunto dalla vittoria con i rossoblù».
Racconti.
«Non partivo titolare e mentre mi stavo avviando verso la panchina tutto lo stadio era in piedi ad applaudirmi. E’ qualcosa che va al di là del calciatore. Ancora adesso parlandone ho la pelle d’oca».
Sensazioni che rimangono indelebili nel tempo.
«Ti fanno realizzare cosa hai trasmesso alla gente, al di là del fatto che tu sia bravo o meno: la tua serietà e la tua professionalità».
Ricordiamo che l’ultimo successo a Genova era stato firmato da un altro capitano, Antognoni.
«E’ la prima cosa che mi hanno detto negli spogliatoi a fine partita. Penso che non ci sia emozione più bella. Non mi metto assolutamente al suo livello, ma spero con quella fascia di togliermi tante soddisfazioni».
Il presente è cross di Pasqual, testa di Toni e gol. Qual è la ricetta vincente?
«Il segreto è che Luca è bravo a metterla dentro. Non credo ci sia altro. Entrambi abbiamo due qualità: io metto la palla tesa nel mezzo e lui a trovare lo spazio per inserirsi. Sono contento perchè questa Fiorentina ha un’arma in più».
Se lo aspettava un Toni così.
«Lo avevo visto bene quando si è presentato al Centro sportivo e sapevo che poteva darci una grande mano. Quando gioca per i difensori è sempre un problema contrastarlo anche fisicamente: muove i difensori anche non prendendo palla e crea così spazio per gli altri».
Come Jovetic.
«Esatto. Anche quando sembra che non giochi bene per noi invece è sempre importante perchè altera gli equilibri delle difese avversarie. Molte volte è decisivo anche quando non sembra. La sua bravura è anche quella di riconoscere la marcatura e creare spazio per i compagni. Messi è un fuoriclasse mondiale anche per questo».
Ora che siamo quasi al giro di boa, questa Fiorentina dove può arrivare?
«Ora come ora può e deve arrivare in Europa. Sono comunque convinto che saremo in lotta fino alla fine».
State prendendo coscienza della vostra forza o ne siete già coscienti?
«Siamo coscienti, di sicuro. Puo capitare che vinci una o più partite perchè la fortuna ti aiuta, ma questa Fiorentina ha fatto 18 partite di campionato e tre di coppa Italia e credo abbia dimostrato di saper mettere in difficoltà tutti».
Il segreto è il gruppo?
«Prima di tutto quando questa squadra è in campo sa cosa fare, sa i movimenti e dove giocare palla. Squadra di grande qualità, ha giocatori che hanno grande padronanza. Inizia l’azione sempre dalla difesa e raramente spreca un pallone. La cosa bella è che i 26 della rosa, pur non giocando tutti, si allenano con grande voglia e determinazione. E’ lì che tieni alta la qualità della squadra e il merito è proprio di tutti».
Chi l’ha sorpresa di più degli ultimi arrivati nel calcio italiano?
«La verità è che mi hanno sorpreso tutti. Non pensavo che fossero così bravi e capaci di fare gruppo da subito».
(...)
Siamo a poche ore dal 2013, tempo di buoni propositi e magari di voltarsi anche indietro...
«Mi auguro che la squadra riesca a fare bene e fare gli stessi numeri: 35 punti in 18 partite. Spero che possa fare davvero gli stessi numeri. I tifosi? E’ stato bello vederli riavvicinare alla squadra con questo entusiasmo ed è stato merito della società che ha creato, insieme all’allenatore, una squadra che gioca bene e fa divertire. Siamo noi i primi a divertirci in campo e a maggior ragione si divertono i nostri tifosi.
Sapendo delle difficoltà economiche italiana non c’è che da ringraziare i tifosi che ci seguono sempre con grande attaccamento. Molte volte, in questi momenti, i soldi per il biglietto o l’abbonamento qualcuno penserebbe di estirli in maniera diversa. Invece loro ci sono vicini, anche in trasferta. C’è solo da ringraziarli».
E per Pasqual?
«Stare bene e continuare a far bene quello che sto facendo».
Magari alzare qualche trofeo...
«Sono superstizioso e non lo dico».
Giampaolo Marchini - La Nazione
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