Alle bandiere che si ammainono, e Manuel Pasqual lo è stato, si rendono per lo meno gli onori militari. Ci vuole sempre rispetto per chi - scrive La Nazione - ha indossato la maglia viola. A maggior ragione per uno che è sceso in campo con il giglio sul petto per 356 volte, perché tutte le scelte sono legittime – anche quella di separarsi –, ma sempre guardandosi negli occhi e con una stretta di mano. Magari arriverà davvero il divorzio oppure ci sarà un nuovo accordo, ma l’incertezza del futuro in generale si riverbera anche su quei giocatori che sono in scadenza.
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Pasqual, da bandiera a uomo in scadenza
Il giocatore è stato dimenticato nell'angolo e ancora non sa se quella di domenica sarà la sua ultima partita al Franchi
Pasqual, in ogni caso, non può essere trattato come un Roncaglia qualsiasi, pur con il massimo rispetto per il difensore convocato nella nazionale argentina e anche lui con le valigie in mano. Non può essere l’aver sottratto una sottile striscia di stoffa dal braccio (senza un perché) il segnale di un congedo senza onore. Come detto, si possono anche fare scelte diverse, ma nella chiarezza più assoluta e con il rispetto per quanto Pasqual ha dato – ricambiato, per carità – alla causa viola. La sua fedeltà non si può discutere. Per lui parlano le undici stagioni passate in riva all’Arno, senza mai una polemica, anche quando Prandelli lo aveva spedito in tribuna (poi lo convoca in Nazionale) o quando Sousa ha deciso di togliergli i gradi per assegnarli a Gonzalo, senza una spiegazione apparente.
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