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Onore a Radix, il sergente di ferro

Ore 15, per fortuna non è più tempo di panettoni e torroni ma di calcio. Come chi tifa viola sa bene, ci sono soste invernali che fanno la differenza. Giusto …

Redazione VN

Ore 15, per fortuna non è più tempo di panettoni e torroni ma di calcio. Come chi tifa viola sa bene, ci sono soste invernali che fanno la differenza. Giusto vent’anni fa, il 3 gennaio 1993, la Fiorentina ritrovava il campionato come oggi al terzo posto. Al Franchi arrivava l’Atalanta e tutto annunciava meraviglia per la squadra guidata da Gigi Radice. Un ritorno, il suo.

Radice a Firenze c’era infatti già stato, stagione 1973-74, e quella sua Fiorentina al peperoncino anticipò l’approccio zemaniano al calcio come questione soprattutto offensiva. Terzino d’attacco, una carriera interrotta prematuramente per un tackle assassino di Cucchiaroni, Radice negli anni ’70 fu infatti un vero innovatore in panchina, portando in Italia quell’idea di calcio totale all’olandese, così lontana dal football quaresimale dei Rocco e dei Trap: fu il primo a esigere il pressing, il raddoppio di marcatura e il trucco del fuorigioco.

Un rivoluzionario dalla tempra di acciaio («Radix il sergente di ferro») ma dal carattere schivo e introverso e per questo incapace di auto-marketing, del quale sarebbe stato invece maestro qualche anno dopo Arrigo Sacchi. Ma questa è un’altra storia.

Quel giorno con l’Atalanta, dunque, tutta Firenze si aspetta la vittoria. Invece una bordata di Perrone al 53° corregge le attese dei tifosi e il destino del campionato. Succede infatti che a fine gara l’allora vice presidente Vittorio Cecchi Gori scenda furioso negli spogliatoi e quando ne esca la Fiorentina non abbia più un allenatore. 

Ora: cosa sia successo in quei minuti resta roba da leggende. La più boccaccesca vorrebbe che Vittorio, ingelosito dal rapporto fra Radice e sua moglie Rita Rusic (Santa Rita da coscia, come la definì lui stesso in un memorabile Costanzo show) abbia colto l’occasione per aggredire il tecnico e quindi cacciarlo. Andò davvero così? Chissà! Di certo Radice, un Paul Newman della bassa padana, non passava inosservato al genere femminile. Al punto che anche il suo primo allontanamento da Firenze pare fosse dovuto al rapporto troppo stretto con la figlia dell’allora presidente Ugolini. Voci. Fatto sta che quel 3 gennaio ’93 Radix fu cacciato e quella squadra di campioni, da Bati a Effenberg, fini clamorosamente in B. Quasi che il Cielo avesse voluto vendicare una cacciata ingiusta.

Oggi tutte queste cose il 77enne Radice le vede da lontano, colpito da una malattia vigliacca che cancella la memoria alle persone. Firenze, che ancora ha nel cuore la sua Fiorentina breve ma scintillante e moderna, gli invia per questo un abbraccio ancora più forte. A ribadire come la memoria del Calcio per le cose belle sia iniscalfibile da tutto. Dalle stagioni, dal Potere, perfino dalle malattie. Una delle sue cose migliori.

La Nazione