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Mondiali 2014, il Brasile blinda gli stadi

«I mondiali sono come un secchio pieno di latte. Ci si può fare del formaggio, oppure ci si può inciampare e rovesciare tutto per terra». Il ministro dello Sport brasiliano …

Redazione VN

«I mondiali sono come un secchio pieno di latte. Ci si può fare del formaggio, oppure ci si può inciampare e rovesciare tutto per terra». Il ministro dello Sport brasiliano Aldo Rebelo - un comunista vecchio stampo, intelligente e triste, ostentatamente senza cravatta in mezzo ai suoi azzimati sottoposti – non sembra il tipo a proprio agio nel suonare la grancassa dei campionati mondiali di calcio che si giocheranno tra un anno in Brasile.

È conscio che per il grande Paese sudamericano il triplete rappresentato dalla Confederations Cup al via tra poche ore, i Mondiali del prossimo anno e le Olimpiadi di Rio del 2016 rappresentano un'occasione unica per far fare un salto di qualità alla rete infrastrutturale del Paese e proiettare verso il mondo esterno un'immagine del Brasile, meno in chiaroscuro di un tempo.

Ma allo stesso tempo Rebelo non nasconde il fatto che la strada per trasformare i Mondiali in un volano di crescita è ancora piuttosto lunga. Dei 12 stadi per il momento quelli pronti sono solo i sei in cui si giocherà la Confederations Cup. Gli aeroporti sono ancora lontani dal poter accogliere i 600mila tifosi stranieri e 3 milioni di locali che faranno la spola tra le (spesso lontane) città sede di gironi e scontri diretti. Le strade che li collegano ai centri urbani sono già oggi ben oltre i limiti della propria capacità. Un accordo con il governo tedesco per l'addestramento della polizia brasiliana e l'upgrade delle sue dotazioni che sotto la presidenza Lula sembrava cosa fatta è naufragato.

Proprio la sicurezza sembra essere una delle principali preoccupazioni di Rebelo che invece non ha dubbi circa il completamento dei lavori negli stadi ed è fiducioso che anche i nuovi terminal degli aeroporti, anche se all'ultimo momento, saranno agibili. «Se c'è una cosa che non vogliamo è il ripetersi di una Monaco, di un'Atlanta, di una Boston», spiega il ministro riferendosi agli attacchi terroristici che hanno colpito due passate Olimpiadi e, più recentemente, la maratona Usa. «Ci stiamo attrezzando perché la popolazione, gli atleti, i turisti e i capi di Stato in visita nel Paese siano al sicuro. Non possiamo tollerare margini di errore, quindi stiamo integrando le forze di polizia e l'esercito, stiamo attrezzandoci contro la criminalità comune, stiamo accrescendo i controlli sui 16mila chilometri di frontiere del Paese».

Se c'è uno stadio che riassume in sé tutte le sfide a cui si sta sottoponendo il Paese in vista dei mondiali, è il Mané Garrincha della capitale Brasilia. Un impianto da 70mila spettatori che trovandosi a due passi dai palazzi del potere dovrà essere un modello di sicurezza, che ambisce a diventare il primo stadio al mondo a ricevere la certificazione Platinum del Leed e che ha l'arduo compito di inserirsi in maniera non troppo stridente in una città nota al mondo per le strepitose architetture moderniste dei propri edifici governativi. Un risultato, quest'ultimo, almeno in parte raggiunto grazie a un elegante colonnato di cemento che circonda e mimetizza gli spalti, conferendo grazia a un'opera altrimenti destinata a fare la parte dell'elefante nella cristalleria architettonica disegnata nella seconda metà degli Anni 50 da Oscar Niemeyer.

Sul fronte della sicurezza il governo locale ha puntato tutto o quasi sulla tecnologia tedesca della Siemens che ha fornito - oltre a 400 telecamere a circuito chiuso (alcune delle quali ad alta definizione), 150 tornelli e 6mila sensori antincendio – i sistemi di automazione dello stadio e l'intera infrastruttura sotto il profilo dell'information technology. Un contributo che fa parte di un lavoro portato avanti da anni dal colosso tedesco e che oggi consente al ceo e presidente di Siemens Brasile Paulo Stark di poter affermare che i progetti infrastrutturali legati ai grandi eventi in programma di qui al 2016 nel Paese Sudamericano porteranno complessivamente nelle casse della società 1 miliardo di euro di fatturato.

Il risultato dell'asse Monaco-Brasilia, per quanto riguarda il Mané Garrincha, è uno stadio all'avanguardia, costato oltre 1 miliardo di reais, (circa 500 milion di dollari, il doppio di quanto messo a budget), di proprietà al 100% del governo locale e senza, almeno per il momento, un contratto di concessione che consenta all'amministrazione pubblica di poter rientrare dell'enorme sforzo economico sostenuto. Segno che se fra tredici mesi il Brasile potrà dire di aver vinto la sfida del mondiale il tempo per sedersi sugli allori non ci sarà. E non solo per le incombenti Olimpiadi. Per dare un futuro a strutture belle e ambiziose come gli stadi del Mondiale serviranno una buona dose di intelligenza, fantasia e imprenditorialità. E soprattutto un'economia con un tasso di crescita più alto dello 0,6% congiunturale del primo trimestre del 2013. Rovesciare in terra autentici catini di latte come il Mané Garrincha in un Paese così ambizioso e con ancora tanta strada da fare sarebbe davvero un peccato.

Il Sole 24 ore