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Mode e colori, il tifoso tirato per la maglietta

La prima reazione è sempre quella: hanno deturpato la maglietta della mia squadra del cuore. Poi arriva la seconda reazione: coda al negozio specializzato (costi permettendo) per acquistarla e personalizzarla …

Redazione VN

La prima reazione è sempre quella: hanno deturpato la maglietta della mia squadra del cuore. Poi arriva la seconda reazione: coda al negozio specializzato (costi permettendo) per acquistarla e personalizzarla con il numero e il nome del giocatore preferito.

È il merchandising, bellezza. Se una volta l’abitudine di indossare la maglia ufficiale anche per andare a comprare il pane nel negozio sotto casa era soltanto straniera, da anni ormai anche il tifoso italiano è diventato un cultore delle magliette da gioco, tanto che dalle nostre parti la presentazione della nuova divisa è diventata un evento: Milan e Adidas, giusto per fare un esempio, l’altra sera hanno blindato un locale notturno per svelare la divisa home, da non confondere con quella away (che poi sarebbe casa e trasferta, ma in inglese fa più effetto...) per la stagione 2013-14. Poi scopri che — guarda un po’ — i colori scelti sono il rosso e il nero, ma che importa, c’è rossonero e rossonero: la sottile linea nera nell’importante fascia rossa è una finezza, i particolari fanno la differenza, così alla fine la maglietta è «abbastanza» uguale a quella precedente, ma mica tanto. E alla fine il tifoso (in questo caso quello milanista) paga.

È una questione di centimetri, anzi di millimetri, e in questo caso il gol di Turone non c’entra: la riga verticale si allarga o si stringe, e la motivazione delle case produttrici (le tre righe e il baffo prima di tutte, ma anche le altre non scherzano) è sempre quella: un ritorno alle divise del passato. L’Inter, di Nike vestita, ha scoperto di essere un po’ meno nerazzurra e un po’ più neroblù. Strisce più larghe e più scure, qualche tifoso ha storto il naso ma mai come quando lo scorso anno il club di Massimo Moratti svelò tra lo sconcerto generale una seconda maglia rossa, il colore predominante degli odiati cugini. I tifosi non la presero troppo bene e a quanto pare neppure i giocatori, vista la stagione fallimentare. Per il prossimo anno, una più essenziale maglietta bianca con bordini azzurri e neri. Il rosso? Ovviamente messo da parte.

Del resto è sulle seconde e terze maglie (pardon: away) che gli sponsor tecnici si sbizzarriscono. La seconda maglia della Juventus campione d’Italia è tornata gialla, per rievocare (pensate un po’?) il passato e i colori di Torino. Il tifoso bianconero doc ricorda che la Coppa delle Coppe edizione 1983-84 venne vinta da una Juventus in giallo (2-1 al Porto, gol di Vignola e Boniek) e di sicuro la preferisce a quella con cui la Juventus vinse il campionato di serie B 2007, di un rosa che provocò le pesanti ironie dell’allora allenatore Didier Deschamps. Non venne esonerato per quelle battute, ma di sicuro aver definito «maglietta per gay» la divisa con il colore storico della Juventus (per quei pochi che ancora non lo sapessero, le prime divise non furono bianconere ma rosa) non aiutò la riconferma.

Anche per il Milan il colore oro non è una novità, ma l’improbabile «taschino» sul petto a destra sì. Peraltro l’oro ha invaso con le tre strisce d’ordinanza anche la prima divisa, quindi non c’è troppo da preoccuparsi.

Infine c’è il caso di Roma, due strade opposte. La Lazio senza sponsor è stata rivestita da Macron nel modo più tradizionale possibile, biancoceleste senza troppi fronzoli. La Roma invece sta nel bel mezzo di un contenzioso con Kappa, il vecchio sponsor per l’abbigliamento, e in attesa dell’accordo con Nike, che arriverà fra 12 mesi: così, nel frattempo, ha esibito una divisa che i detrattori hanno subito definito «polo da mercatino», senza loghi tecnici e senza marchi distintivi. Avranno buon gioco i venditori da bancarella a contraffarla per poi piazzarla a un quinto del prezzo ufficiale. È il mercato (di Porta Portese), bellezza.

Corriere della Sera