stampa

Mario, il killer di ghiaccio

Il gol come normalità. E quel lungo sguardo ad Agazzi…

Redazione VN

Continua a colpire l’esultanza di Mario Gomez dopo i gol. E’ quasi una non-esultanza. Che c’è di strano — sembra domandarsi — se faccio il mio mestiere? Due gol in due mezze partite hanno riportato Gomez oltre le frequenze della sua riverita media, che gli statistici hanno calcolato in 0,56 reti a gara. Bundesliga, Nazionale, campionato italiano: più di un gol ogni due partite. Sempre. Su ogni campo e contro qualunque avversario. Bisogna tenerlo bene in mente, quando si parla di Mario Gomez. Ce lo ricordavamo tutti poco nel mese e mezzo dopo il rientro dall’infortunio: la memoria dei tifosi è corta _ direbbe Galliani _ ma anche quella dei cronisti si trasforma in esercizio di cinismo che si nutre solo del presente. Le insufficienze a Gomez avevano il ruolo delle sentinelle e forse, essendo tedesco, lui stesso se le sarebbe assegnate.

Marione pensava le cose giuste, ma gli riuscivano lievi, depotenziate: una fuoriserie senza benzina. Ora che il serbatoio si sta riempiendo, colpisce il modo in cui la cifra calcistica si trasforma in cattiveria. Un killer a orologeria. Una palla toccata contro la Juve: gol a Buffon. Una palla toccata contro il Chievo: gol ad Agazzi. Sempre di destro, il piede prediletto, essendo ancora il colpo di testa assistito da uno stacco di gambe lontano dalla sua potenza migliore. Perché il calcio è questione di tempi e di spazi, bisogna saperli combinare e solo alcuni hanno hanno la capacità di mescolarli nel modo giusto nei momenti che contano: la differenza fra un attaccante normale e un attaccante che determina. E anche contro Agazzi — che aveva appena parato il rigore calciato da Pizarro — Marione ha esercitato il suo mestiere implacabile, favorito da una partenza in leggero fuorigioco. Scatto profondo, controllo, un’occhiata al portiere e destro nell’angolo. In tutto questo abbiamo avuto l’impressione che la fase più lunga sia stata l’occhiata verso Agazzi. Per capire dove fosse. Non si sa mai.

Angelo Giorgetti - La Nazione