Al secondo giorno di ritiro Adem chiese un appuntamento a Daniele Pradè. Davanti al suo nuovo direttore sportivo il ragazzo parlò per la prima volta da uomo, per provare a uscire dalla sua metà campo e fare quello che sa fare: giocare all’attacco. «Direttore, io vorrei restare qui. Datemi una possibilità». La cosa fece piacere a tutti. Perché se Adem Ljajic qualcosa aveva sbagliato, trattarlo come un bambino in punizione alla lunga sarebbe stato un autogol. Quindi Pradè ne parlò con Montella, al quale poco dopo il ragazzo ripetè le sue intenzioni. Il tecnico accettò la sfida. E così per il serbo dai piedi buoni e dal carattere un po’ incostante è iniziata la seconda vita. Merito soprattutto della sua famiglia, perché i padri e le madri in questi casi contano più di qualsiasi procuratore. Dopo la scenata di Delio Rossi in mondovisione Ljajic si è sentito improvvisamente perso e terribilmente distante dalla strafottenza del ragazzotto ricco e famoso. E allora capita che provare a rintracciare un po’ di umiltà sia ciò che serve per ritrovare la via d’uscita.
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Ljajic, il “viziato” indispensabile
L’incipit dell’articolo di Benedetto Ferrara
È anche per questo che oggi gli umori dei tifosi ti raccontano una storia completamente ribaltata: se Jovetic parte a certe condizioni, pazienza. Ma Ljajic cerchiamo di tenerlo. Magari non tutti la pensano così, ma di sicuro il serbo, con le otto reti messe a segno (ma c’è ancora da giocare una partita) è tornato nelle grazie della gente. E, soprattutto, in quelle della società, che adesso deve pensare a rinnovargli un contratto con scadenza 2014. Come tutti hanno capito, una volta trovato l’accordo con Fali Ramadani per la cessione di Jovetic (il procuratore insiste per portarlo alla Juventus), sarà possibile discutere di un eventuale nuovo contratto per Ljajic, magari (come spera Ramadani) con una clausola rescissoria che possa liberare il giocatore a una cifra prestabilita (25 milioni?). (...)
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