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Le partite truccate dalla ‘ndrangheta. Soldi dalla Serbia, giocate milionarie

C’è il calcio professionistico e dilettantistico «corrotto» e «combinato» dietro l’ennesima inchiesta sulle gare truccate, sviluppata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Cinquanta le persone arrestate tra dirigenti,...

Redazione VN

C’è il calcio professionistico e dilettantistico «corrotto» e «combinato» dietro l’ennesima inchiesta sulle gare truccate, sviluppata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Cinquanta le persone arrestate tra dirigenti, calciatori, allenatori, imprenditori. Settantasette il numero totale degli indagati, per 28 partite ritenute truccate, tra Lega Pro e Dilettanti, 33 squadre coinvolte. È il bilancio dell’inchiesta condotta dalla polizia e dalla Procura distrettuale di Catanzaro, che scrive nel provvedimento di fermo: «È ai ragazzi che si affacciano al mondo del calcio (...) che gli attori protagonisti di questo nuovo romanzo criminale arrecano il maggior danno (...)». E ancora: «Alcuni dirigenti, presidenti e manager ormai concepiscono la gestione delle proprie società o di quelle da acquisire di volta in volta, esclusivamente come una “fonte di reddito” derivante dalle scommesse che essi stessi piazzano e fanno piazzare sulle partite che sono stati in grado di truccare».

Dalle diecimila intercettazioni telefoniche emergono gli interessi degli scommettitori su alcune gare di Lega Pro come Barletta-Catanzaro, Cremonese-Pro Patria, Monza-Torres, L’Aquila-Tuttocuoio e molte altre ancora. I finanziatori esteri, soprattutto serbi, agivano su input della «cupola» criminale al cui vertice c’erano il boss della ‘ndrangheta Pietro Iannazzo, Mario Moxedano, ex presidente del Napoli e oggi patron del Neapolis (serie D) e Antonio Ciccarone, direttore sportivo dello stesso club. Agli investitori chiedevano di puntare anche su partite del campionato di serie B e Coppa Italia come Crotone-Catania, Livorno-Brescia e Sassuolo-Pescara.

L’obiettivo del gruppo, riassumono gli inquirenti, era «conseguire vincite in scommesse per milioni di euro, che venivano effettuate prevalentemente su siti esteri, dopo aver utilizzato lo strumento della corruzione di calciatori e dirigenti sportivi». Agli atti dell’inchiesta è finita anche una telefonata intercettata il 15 gennaio scorso tra Vittorio Galigani, già d.s. di molte società di calcio, anche di A e B, ed Ercole Di Nicola, d.s. dell’Aquila, in cui si parla di Claudio Lotito, presidente della Lazio. Dice Di Nicola a Galigani: «Hai attaccato Lotito a tutto andare». La conversazione tra i due prosegue sottolineando che in Federcalcio è il 17% dei voti proveniente dai club di Lega Pro che garantisce la presidenza a Tavecchio e che senza questa fetta di consenso l’intero vertice rischia di saltare. Tavecchio e Macalli vengono definiti «in mano a Lotito, che li ricatta».

Il dialogo tra Galigani e Di Nicola si sofferma ancora sul presidente della Lazio, in particolare sul fatto che Lotito è proprietario di fatto, oltre che del club capitolino anche di Salernitana e Bari; e che grazie alla società Infront riconducibile ad Adriano Galliani, sempre secondo i due, Lotito controllerebbe anche il Brescia.

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