L'allarme è forte e chiaro e l'associazione italiana calciatori è pronta a battersi per la sua salute. Da tempo l'Aic e il Centro ricerche sullo Sport dell'Università di Parma hanno stretto una collaborazione per studiare gli aspetti meno noti del mestiere di calciatore. Ieri ne è venuto fuori un convegno interessante: «L'integrità fisica dei calciatori», con la partecipazione di medici: Piero Volpi, Andrea Ferretti, Paolo Rossi e Pasquale Tamburrino, e giuristi come Carlo Zoli, Luca Di Nella, Giovanni Flora e Antonio Flamini.
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L’Aic accusa: «Si gioca troppo»
L’allarme è forte e chiaro e l’associazione italiana calciatori è pronta a battersi per la sua salute. Da tempo l’Aic e il Centro ricerche sullo Sport dell’Università di Parma hanno …
Numeri
Il risultato finale è un appello contro l'assunzione di farmaci antinfiammatori: «Serve — ha ribadito il professor Ferretti, ex medico della Nazionale — più informazione sull'uso e abuso di certi farmaci legali. Eppoi i medici devono avere più potere e responsabilità. Troppo spesso non possono decidere». Molti i dati interessanti emersi dall'incontro. Dopo uno studio sulle partite casalinghe di Novara e Cesena, non risulta un aumento degli infortuni dovuto ai terreni sintetici. Mentre non esistono studi che provino un'azione negativa operata dai climi più freddi. In media ogni calciatore subisce 2,1 infortuni a stagione e ogni squadra impegnata nel campionato ha un calciatore che subisce la rottura di un legamento crociato (infortunio che colpisce quattro volte di più le donne). Solo il 18% dei giocatori termina una stagione illeso. Il numero di partite non influisce sulle prestazioni, ma aumenta considerevolmente i guai fisici, in particolare nei soggetti meno giovani. In più ci sono le recidività: circa il 30% degli incidenti avviene in zone già colpite in precedenza.
Accusa
L'Aic si sta muovendo: «Si giocano — ha spiegato il presidente Damiano Tommasi — troppe partite e diluite male. Noi abbiamo proposto di giocare già a fine agosto, di sera, di diminuire il numero delle squadre in A e B, e pure il numero dei giocatori in rosa. Curiosamente sono proprio le società e non volere questo: loro vogliono la possibilità di effettuare cambi di giocatori e non hanno così cara la cura della loro integrità».
La Gazzetta dello Sport
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