stampa

Lacrime e sassi: quando l’addio è uno strappo memorabile

Pontello, Cecchi Gori: non sono mai stati indolori le uscite di scena dei presidenti

Redazione VN

Vi proponiamo una parte dell'articolo di Benedetto Ferrara su la Repubblica:

""A un certo punto arrivò la domanda: «Ma dopo la cessione di Roberto Baggio, voi Pontello pensate di restare alla guida della Fiorentina?». Il fratello del conte cercò un’espressione sicura senza riuscirci: «Assolutamente sì», balbettò. Un frazione di secondo dopo il sì, un sasso ruppe la finestra che dava su Piazza Savonarola, dove centinaia di tifosi si erano radunati con la radiolina attaccata all’orecchio, quella dove David Guetta trasmetteva col telefonino (“ino” si fa per dire) appoggiato sotto la bocca del Pontello parlante. Quello fu il segnale della guerriglia imminente. Il numero dieci alla Juventus, Firenze affogata dai gas lacrimogeni. Era il 1990, l’anno dei mondiali, della rottura di Firenze con la Nazionale, della fine di un sogno. Ventisette anni dopo un altro dieci potrebbe vestirsi di bianconero, ma quasi nessuno ci fa più caso. Un po’ perché Bernardeschi non è Baggio, un po’ perchè in questi ventisette anni il calcio è cambiato. L’unica cosa che è rimasta intatta è la visuale impossibile che ha chi sceglie di andare in curva. Il resto è un’altra storia. Quando Caliendo, procuratore di Roberto Baggio, si permise di indire una conferenza stampa nella sede della Fiorentina, la società dimostrò la sua impotenza. Eppure allora non c’erano i fondi di investimento a fare il bello e cattivo tempo, i gruppi di potere a manovrare giocatori e allenatori. Oggi il pallone è un format globalizzato, e il calcio italiano è quasi la sua parodia.

"Quando i Pontello decisero che era ora di dire basta, arrivò un altro fiorentino al comando e il sogno ricominciò da lì. Ma gli amori che finiscono non sono tutti uguali". 

"(l'articolo integrale nel quotidiano in edicola)

tutte le notizie di