Quante storie in quello stadio un po’ eroso dal tempo chiamato Bentegodi, non così distante dal centro di una città bellissima e palcoscenico di un calcio lievemente semiperiferico, fatta eccezione per il magico Verona di Bagnoli, colui che travolse la logica dei potenti con uno scudetto (1985) che era una vera rivoluzione. Per i fiorentini, comunque, questa è una trasferta diversa, e forse neanche tanto trasferta. Il gemellaggio con il Verona ha sempre trasformato il tutto in una gita senza troppi stress. Polizia scarsa, sfide a calcio tra tifosi e grandi mangiate e bevute prima e dopo il match. Quando al declino della squadra storica è seguito il mezzo miracolo del Chievo, anche senza gemellaggi in corso dal punto di vista dell’atmosfera non è cambiato molto, se non che quell’enorme stadio si è semi desertificato per ovvie regioni, visto che la squadra dei pandorini ha seguaci affezionati ma non smuove certo masse umane.
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La storia passa sempre dal Bentegodi
Il gemellaggio col Verona, l’esordio di Antognoni… e tanto altro
La verità è che a Verona di cose ne sono accadute parecchie. A cominciare dal 15 ottobre del 1972, quando Nils Liedholm lanciò sul campo un ragazzo biondo di appena diciotto anni che si mise a incantare pubblico e giornalisti, tanto che all’indomani in molti parlarono di lui come del nuovo Rivera. Giancarlo Antognoni da quel momento in poi divenne un gioiello prezioso del calcio italiano e la bandiera di una Fiorentina molto spesso meno bella di lui. Buffo ricordare (buffo e anche amaro, però), che al Bentegodi i viola giocarono una sfida decisamente surreale sulla strada di una stagione maledetta. Era il 28 marzo del ’93 e la Fiorentina deve giocare col Cagliari in campo neutro e a porte chiuse per via di una bomba carta scoppiata durante una partita casalinga con la Juve. La squadra soffre ma vince con due reti (Batistuta e Di Mauro) che ribaltano il vantaggio di Cappioli. Fuori dal Bentegodi sono arrivati circa mille tifosi, che seguono la diretta di David Guetta rilanciata da una radio locale. Una giornata surreale per una vittoria che, alla fine, non servirà a salvare la Fiorentina.
Diverso l’epilogo, invece, dodici anni dopo, quando la squadra allenata da Zoff si ritrovò al Bentegodi per giocarsi un bel pezzo di salvezza. Anche in quel caso finì 2-1 (Miccoli e Bojinov) e la vittoria significò un passo decisivo per restare in A. Ma la rappresentazione emozionale più complicata dal punto di vista esistenziale, i tifosi la vissero l’anno successivo. Sempre maggio, sempre sull’erba dello stadio di Verona. Ci sono ventimila tifosi della Fiorentina arrivati per la festa. Prandelli sta per riportare la squadra in Champions. Una vittoria (Toni e Dainelli) e il gioco è fatto. Tutti impazziti. Eppure, proprio quel giorno, sui giornali arrivano le prime indiscrezioni su Calciopoli. Si fa il nome anche della Fiorentina e dei Della Valle. Si capisce che da lì in poi saranno giorni duri. Anche i tifosi ne parlano a mezza voce, ma non vogliono rovinarsi la festa. E così il party esplode: le magliette per l’Europa, Toni con la parrucca viola, gli striscioni di gratitudine dei ventimila per una squadra che ha ripreso il sogno dopo una lunga e faticosa rincorsa. E poi? Poi i durissimi giorni di intercettazioni e processi. E un viaggio che comunque ricomincerà. Con le ultime notizie da Verona che raccontano di una sconfitta con esonero per Sinisa Mihajlovic. Una notizia che però sembra preistoria per questa Fiorentina, squadra decisa a cercare la prima vittoria in trasferta.
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