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La sfida delle sfide, dentro e fuori dal campo

La storica rivalità e gli ultimi 4 episodi sull’asse Firenze-Torino

Redazione VN

C'è chi a luglio, nel giorno dei calendari, sottolinea avidamente solo quelle due partite. Chi prova a far finta che in fondo «è una gara come tutte le altre» sempre che, per carità, non finisca con una sconfitta. Per qualcuno una rivalità così accesa è solo il sintomo di uno sport che ha finito per perdere i propri valori, per altri invece sono partite come questa a rendere speciale il gioco del calcio. E se a Firenze l'anti-juventinità finisce per rappresentare quasi un valore identitario a cui aggrapparsi nei momenti difficili, a Torino nei confronti dei viola si tenta una sorta di sabaudo e algido distacco quasi a voler sottolineare un sentimento di ancestrale superiorità. Fino al fischio d'inizio però, perché da quel momento in poi, per tutti, Juventus-Fiorentina (o viceversa poco importa) resta una partita da vincere a ogni costo. E non ci sono classifiche a cui far riferimento, non esistono pronostici, ma solo due squadre dalla storia così antitetica da finire per apparire paradossalmente complementari. Come per le «prime maglie» (la classica e minimal bianconera, la più originale e colorata viola) che entrambe le squadre possono indossare contemporaneamente, che si giochi in casa oppure in trasferta, sempre che gli sponsor non ci mettano lo zampino imponendo ad esempio come è accaduto negli ultimi anni improbabili livree rosa.

Anche perché la rivalità fra Fiorentina e Juventus si alimenta sempre di nuovi capitoli, modellandosi ai tempi e coinvolgendo anno dopo anno altri protagonisti, tutti attori di questa vecchia e affascinante storia. Come sabato prossimo, quando allo Juventus Stadium ci saranno almeno quattro motivi in più per restare irrimediabilmente divisi ancora una volta.

Il caso Jovetic

C'è poco da fare, la corte juventina al gioiello di casa Della Valle continuerà fino alla prossima estate. Per Conte è il tassello che manca alla squadra, per Marotta il colpo capace di proiettarlo nell'Olimpo dei dirigenti italiani scacciando così il sempre presente (almeno nelle nostalgie bianconere) fantasma di Luciano Moggi, per i tifosi della Juve il massimo sgarbo agli acerrimi rivali viola, un po' come oltre vent'anni fa accadde con Roberto Baggio. Ma per la Fiorentina «il niet» imposto da Della Valle e ribadito anche lunedì da Cognigni («Jovetic alla Juve mai») ha un significato che va oltre l'aspetto tecnico. È un qualcosa che che riaccende l'orgoglio dei propri tifosi e un segnale ai giocatori, un modo per rimarcare l'importanza e la storia della propria maglia. Per questo Juventus-Fiorentina sarà soprattutto la partita di Stevan Jovetic per la prima volta da quando la Juve ha tentato l'assalto nello stadio che sarebbe pronto ad acclamarlo e che lo vorrebbe come stella (anche se questa parola in casa Juve, si sa, è sempre lasciata all'interpretazione). E allora di fronte a una giocata o magari, come accadde lo scorso anno, a un grande gol saranno applausi oppure soltanto fischi? Propendiamo per la seconda, ma solo perché la rivalità in questa gara viene prima di tutto.

L'affronto Berbatov

Come su un ring, il «campo di battaglia» preferito negli ultimi mesi resta il mercato. Lo sgarbo «arrogante» (così la Fiorentina lo definì in un comunicato di fuoco lo scorso agosto) della Juventus non è ancora andato giù alla Fiorentina. «Non ho avuto mandato di riaprire i contatti con i bianconeri», ha ripetuto in più di un'occasione Daniele Pradè nelle scorse settimane. E se radiomercato avesse fatto nascere qualche dubbio sul fatto che in realtà, sottotraccia, potessero nascere trattative, ci ha pensato Andrea Della Valle domenica scorsa a chiudere ogni porta: «Con la Juve nessun rapporto» ha tuonato il patron che già pregusta lo storico sgambetto ai bianconeri. Un «grande freddo» destinato a perdurare a lungo a costo di perdere qualche occasione, nonostante in Lega le posizioni dei due club non siano poi così distanti. Ma chi di Berbatov ferisce...

Scontro fra titani

Juve-Fiorentina è anche la sfida tra due dei più potenti gruppi imprenditoriali italiani. Diego Della Valle negli scorsi mesi è partito all'attacco senza mezzi termini. «Gli Agnelli? Ragazzi che non sono grandi lavoratori, sanno solo sciare e veleggiare. Per trovarli bisogna andare in discoteca»; «Marchionne? Mago Otelma delle quattro ruote» (suscitando anche l'ira del Divino che ha poi querelato Ddv). Le risposte non si sono fatte attendere. Andrea Agnelli: «Io in discoteca? Per la festa scudetto, gliela auguro». E poi l'ad Fiat: «Non parliamo di gente che fa borse, io faccio vetture». Insomma un duello in piena regola, e soprattutto molto rusticano.

Renzani in tribuna

Tre mesi di battaglia per le primarie, poi di nuovo «una squadra» per la corsa a Palazzo Chigi. Lo juventino Pierluigi Bersani e il viola Matteo Renzi sabato pomeriggio ritroveranno, almeno per novanta minuti, il gusto della sfida. Perché Juventus-Fiorentina val bene una pausa dagli impegni elettorali e sia il segretario del Pd che il Rottamatore non si sono lasciati sfuggire l'occasione di sedersi in tribuna. D'altronde se le esigenze politiche hanno imposto una visione comune, quando si parla di calcio, si sa, è sempre «questione di coscienza». E allora sarà sfida senza esclusione di colpi, così la vivranno tutti gli spettatori che hanno già esaurito la disponibilità dello Juventus Stadium. Bianconeri o viola, tutti uniti dalla «Partita». E che vinca il migliore. Anzi no, altrimenti non sarebbe Juventus-Fiorentina.

Ernesto Poesio - Corriere Fiorentino