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La ricetta Montella per un calcio vincente

L’incipit dell’articolo di Benedetto Ferrara

Redazione VN

Quanta strada, signor Montella. E quante emozioni in pochi anni di panchina. I ragazzini della Roma, poi la squadra quella vera. E il primo cazzotto nello stomaco: addio aeroplanino, possiamo fare a meno di te. Quanta rabbia, giovane Vincenzo. Ma paura zero. Semmai l’umiltà per saper cogliere le occasioni al volo e farsi la pelle dura con la faccia al vento. Catania è una sfida. Catania è una corsa vinta da talento vero.

Applausi e telefonate: signor Montella, la vogliamo con noi. E lui sceglie Firenze. Perché lì si tratta di ricominciare, di ricostruire. Una città che ha voglia di calcio e d’amore, una proprietà disposta a ripartire. Il mercato, il gioco, lo spettacolo e i mille wow.

Stagione uno: vinta. Nessuno può chiedere di più al tecnico. Un quarto posto che sarebbe il terzo, se il calcio fosse una cosa un po’ più seria. Stagione due: aspettiamo. C’è una finale da giocare, la prima anche per lui. Che corre veloce. E impara le lezioni. Come ha sempre fatto. E, comunque vada, la Fiorentina c’è. E rialza la testa nell’aria tiepida di un aprile che le sorride. Un viaggio coerente, intenso: momenti indimenticabili, come quel 4-2 che è un film d’azione e delusioni che fanno male al cuore. Ma nessuno si è mai fermato. Tanto meno lui, Montella, una specie di Arrigo Sacchi 2.0. Magari il primo Sacchi, quello del Parma, delle prime idee che sapevano di rivoluzione. Un allenatore contemporaneo, Vincenzo, un gestore duro e puro.

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