Di mitraglia ce n’è una sola. «Ma la mia sparava per davvero» dice divertito Gabriel Omar il re leone originale, perché ormai qui non si ripara più dalle versioni taroccate. Ma poi, quello che conta, è scoprire quanto certe storie d’amore siano immortali, violente e dolcissime. Basta rivederlo e ti scoppia il cuore di ricordi e felicità. Non c’è niente da fare: con Batistuta funziona così. Da Palazzo Vecchio al Franchi, dalle strette di mano ai cori della Fiesole, l’argentino che ha fatto battere i nostri cuori corre sempre alla bandierina e detta la sua legge, quella del più forte. Perché quello è stato per noi. E quello resta. E’ una questione di numeri. Ma soprattutto una questione di emozioni e gratitudine.
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Il ritorno del Re Leone
L’incipit dell’articolo di Benedetto Ferrara
Ed è bello adesso provare a riannodare i fili della nostra storia. Così come è stato unico ritrovare l’oggi e il passato avvinghiati in un lunedì da tre punti. Batistuta che saluta lo stadio, la Fiorentina che gioca il suo calcio alla ricerca di una vittoria che serve come il pane. Una vera novità, per noi, abituati a vivere in un eterno e schizofrenico presente senza mai alzare lo sguardo per considerare la nostra storia come una strada disegnata su un’unica mappa. Salite, discese, ostacoli, paesaggi squallidi o semplicemente fantastici. Ecco, come è bella la Fiorentina di Montella, e come era grande quella squadra guidata da Batigol, quello che azzerò l’Arsenal, che umiliò il Milan, che bucò il Barcellona e quante altre storie, compresa quella dichiarazione d’amore sbattuta in faccia alla telecamera: «Irina te amo», potremmo mai dimenticare? No. E anche lui deve averlo capito. «Lunedì sarei stato in piedi per tutta la partita per salutare il pubblico. Il mio rapporto con la Fiorentina è unico». In effetti Batistuta e Firenze sembrano la stessa cosa. E’ vero, lui ha giocato anche con la Roma. E perfino nell’Inter. Ma quando giravi il mondo e usavi la parola Fiorentina, dal Giappone al Sud America, quelli che incontravi sorridevano e poi ti sparavano in faccia un solo nome: Batigol. E poi? Poi Gabriel ha fatto un po’ di calcio e molta pesca d’altura in Qatar, prima di tornare nella sua immensa tenuta. Mucche e polo, polo e mucche.
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