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Il peso di essere una bandiera: Antognoni ed una triste realtà

(Photo by Claudio Villa/Getty Images)

Valerio Aiolli ed il suo editoriale sulla separazione fra la Fiorentina ed Antognoni

Redazione VN

Nell'edizione odierna di Repubblica Firenze troviamo un editoriale di Valerio Aiolli che dice la sua sulla questione Antognoni. Vi proponiamo alcuni ritagli:

"Uno zio che al posto della bandiera viola negli stadi amava quella rossa nei cortei ci chiese, a me e al mio amico Leo: «Ma voi due, fate il tifo per gli uomini o per la maglia?». Mi bloccai. C’era qualche differenza? Potevamo anche solo immaginare quegli uomini per cui spasimavamo indossare un’altra maglia? Potevamo anche solo immaginare lui, Antognoni, il nostro idolo, lottare per un’altra bandiera? No. Quella domanda dello zio mi sembrò priva di senso."

"Gli perdonavamo tutto, ad Antonio. Che non fosse un rigorista infallibile e ci avesse fatto uscire troppo presto da qualche coppa minore, che in Nazionale (le uniche sue partite che potevamo vedere in tivù) giocasse sempre un filo meno bene di come giocava in campionato, che nelle interviste apparisse come una farfalla schiacciata contro un muro da una luce troppo forte, mentre quei diavoli di juventini trovavano ogni volta la battuta giusta. Bastava una sgroppata da area ad area, un lancio di quaranta metri, un dribbling in velocità e tutto il resto spariva.

Poi uno cresce, e distingue ogni giorno di più la distanza che c’è tra fantasia e realtà."

"Alla partita di addio andarono in 40.000. E fu naturale ritrovarselo poco dopo nei quadri della Fiorentina dei Cecchi Gori, con ruoli via via più elevati. Stava per acquistare Thuram, fece arrivare Rui Costa: la bandiera germinava verso nuove, ipotetiche bandiere.

Poi la rottura dell’incantesimo, il mondo reale che abbatte le porte del fortino e urla la sua vittoria: nel 2001 Antognoni si dimette, in disaccordo con VCG, per seguire Fatih Terim, l’Imperatore esonerato, che per qualche mese aveva dato alla squadra un gioco spumeggiante ma risultati non all’altezza. Può dimettersi una bandiera? Avrei voluto chiederlo a mio zio, ma non c’era più, e anche il mio amico Leo chissà dov’era.

Può dimettersi, sì, nel mondo reale può dimettersi. Perché fare la bandiera a vita è dura. In pochi ci riescono, pochissimi."

"Dopo sedici anni di lontananza, nel 2017 Antognoni ci aveva riprovato, era rientrato in società. Chi lo aveva visto correre con la criniera al vento negli anni ’70 aveva avvertito di nuovo il brivido dell’ideale, la maglia che si salda all’uomo e non si sfila più. Ma la realtà si era solo distratta per un attimo, o era stata magnanima come a volte lo sono, apparentemente, i vincitori: il fortino ormai era occupato, il mondo ideale poteva farsi un ultimo giro, per poi tornare nelle sue riserve.

Da lì, dalle riserve indiane del mondo ideale, io e il mio amico Leo possiamo adesso rispondere con convinzione a quel mio zio che, nel caso di Antognoni, noi tifiamo per l’uomo e per la maglia insieme. E che, parafrasando Boskov, bandiera è quando cuore batte più forte e più a lungo, e arbitro non fischia mai la fine."

 FLORENCE, ITALY - JANUARY 17: Diego Armando Maradona and Giancarlo Antognoni during the Italian Football Federation Hall of Fame ceremony at Palazzo Vecchio on January 17, 2017 in Florence, Italy. (Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)
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