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Il Muro e il talento del Bernabeu

Eppure lo sapevano tutti. Il Villarreal retrocesso, le difficoltà economiche dei club spagnoli e la conseguente opportunità di andare a far spesa da quelle parti. Eppure, la Fiorentina è arrivata …

Redazione VN

Eppure lo sapevano tutti. Il Villarreal retrocesso, le difficoltà economiche dei club spagnoli e la conseguente opportunità di andare a far spesa da quelle parti. Eppure, la Fiorentina è arrivata prima. E mentre l’Italia perde un talento dopo l’altro (vedi Ibra e Thiago Silva) i viola si permettono il lusso di servirsi nella vetrina più lussuosa d’Europa. La Liga. Il campionato di Real Madrid e Barcellona, il campionato di quelli che vincono tutto e che insegnano al mondo come si gioca.

Certo, il Sottomarino Giallo è un caso a sé, perché dopo un recente passato eroico fatto di ottime classifiche in patria e buone apparizioni in Champions, quest’anno è arrivata la retrocessione. E in seconda divisione certi giocatori non ci possono stare.

Prendete Borja Valero. Quando nel gennaio scorso Corvino si mise sulle sue tracce gli osservatori gli risero dietro. «Come può pensare di prenderlo? Non è da Fiorentina ». Lo stesso Napoli di De Laurentiis fu costretto ad arrendersi. Troppo alto il costo del suo cartellino, troppo forte la concorrenza. Oggi no. Merito di Pradè ma, in questo caso, soprattutto di Edoardo Macia. Questo colpo porta il suo marchio. È grazie ai suoi rapporti col club spagnolo infatti, e con l’entourage del giocatore, se i viola hanno bruciato sul filo di lana il ricco Tottenham di Villas Boas. Borja Valero è un centrocampista completo. Che poi vuol dire piedi buoni e polmoni grandi. Nella nuova linea a cinque (o a tre) immaginata da Montella sarà il perno davanti alla difesa, col compito di recuperare palloni e far ripartire immediatamente l’azione. E poi, qualità rara tra i centrocampisti, sa far gol. Cinque, nell’ultimo campionato. Cresciuto nel settore giovanile del Real Madrid, ha vissuto le sue prime esperienze tra Maiorca, West Bromwich Albion e poi, appunto, Villarreal. È qua che ha trovato la definitiva consacrazione tanto da meritarsi, nel giugno 2011, la convocazione in Nazionale. Con la Roja vanta una sola presenza, ma non è facile togliere il posto ai vari Xavi, Iniesta, Fabregas e compagnia cantante. A qualcuno ricorda Cambiasso, e non solo per l’inesistente capigliatura. Baricentro basso, personalità da vendere e tanto cervello. Il paragone ci sta.

Gonzalo Rodriguez ha invece una storia un po’ diversa e, recentemente, particolarmente sfortunata. Tre infortuni in serie, che ne hanno frenato un’ascesa che pareva inarrestabile. Lo voleva l’Inter, un paio d’anni fa, convinta di creare con Samuel (soprannominato The Wall) una “muraglia” indistruttibile. Fortissimo di testa, magari un po’ lento. Poi le ginocchia hanno ceduto. Il 16 aprile 2006 si infortuna al ginocchio sinistro, e si ferma per due mesi. Il 19 agosto 2006 subisce un altro infortunio, stavolta molto serio. Rottura del crociato del ginocchio destro. Stop di sette mesi. Torna in campo nell’aprile dell’anno successivo, ma il 14 giugno si rompe ancora il crociato. Costretto all’intervento chirurgico, si rivedrà sei mesi più tardi. Roba che avrebbe steso un cavallo. Ma non Gonzalo. In Argentina è un idolo assoluto, soprattutto per i tifosi del San Lorenzo. Lo aspettavano a gloria, convinti che sarebbe tornato a casa. Invece no. Ha scelto la Fiorentina. Perché ha ancora 28 anni, e per lui è giunto il momento di prendersi la rivincita con la sorte.

Matteo Magrini - La Repubblica