"Se un giorno - scrive David Guetta sul Corriere Fiorentino - gli avessero detto che avrebbe avuto come compagno di squadra quel Paolo Pulici con cui aveva fatto calcisticamente a botte per un decennio, come minimo avrebbe preso per pazzo l’interlocutore. Claudio Gentile e Puliciclone insieme? Ma via, non scherziamo. E invece andò proprio così in quell’estate del 1984. Chi poteva rappresentare la Juve più di quel tenebroso italiano nato in Libia e perciò per tutti «Gheddafi»? Insieme a Zoff, Scirea e Tardelli era la quinta essenza del bianconero, eppure avrebbe vestito la maglia viola. Oggi sarebbe scoppiata la rivoluzione, all’epoca si procedette più semplicemente alla «disinfestazione» del convertito: arrivò nella sede di viale dei Mille accompagnato dalla moglie, che rubò lo sguardo di tutti. Non era lo stereotipo del calciatore tutta apparenza e belle macchine. La sostanza per cui era stato acquistato si vide a tratti, appannata dall’età e minata pure da uno spogliatoio diviso in bande. Fu uno dei pochi a non girare mai le spalle a Socrates e durò tre stagioni. La parentesi di Firenze dopo una vita alla Juve e non scordando mai quei mille giorni alla fine, con il filtro rosa della memoria, pazzi e divertenti.
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Guetta scrive: Gentile, gobbo convertito dall’animo tenero
Insieme a Zoff, Scirea e Tardelli era la quinta essenza del bianconero, eppure avrebbe vestito la maglia viola. Oggi sarebbe scoppiata la rivoluzione, all’epoca si procedette più semplicemente alla «disinfestazione» del convertito
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