Non ci sono nemmeno i soldi per giocare. Questa è la situazione del Parma Football Club. Una tristezza profonda, unita alla rabbia per le bugie e le prese in giro degli ultimi giorni, imprigiona la città. Roba da non credere, ma purtroppo è tutto vero: la società emiliana non ha il denaro necessario per organizzare la partita di domenica al Tardini con l’Udinese. O meglio: esiste una piccola scorta di meno di 40 mila euro che servirebbe a pagare gli steward, l’azienda che fornisce l’energia, il personale delle ambulanze, e basta. Le casse del club sono vuote. Il direttore organizzativo Corrado Di Taranto, che ha lavorato tutto il giorno assieme al delegato alla sicurezza Stefano Perrone per reperire qualche fondo, ha parlato con i dirigenti della Lega Calcio per informarli della situazione. Dalla Lega smentiscono di aver ricevuto telefonate sull’argomento, ma alla Gazzetta dello Sport risulta che la comunicazione sia avvenuta.
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Gazzetta: Parma, adesso mancano i soldi per giocare
Non ci sono nemmeno i soldi per giocare. Questa è la situazione del Parma Football Club. Una tristezza profonda, unita alla rabbia per le bugie e le prese in giro …
COME ANDARE AVANTI? In ogni caso resta il problema: con quali soldi organizzare la partita di domenica? E poi, se anche si riuscisse a mettere insieme qualche migliaia di euro, quali prospettive ci sarebbero? In soldoni: il Parma, con quello che ha in cassaforte, non può concludere il campionato. Se non arriva il finanziamento tanto sbandierato dal nuovo presidente Manenti, la società gialloblù sarà costretta a fare l’elemosina. La Lega, che ha tutto l’interesse affinché il torneo di Serie A sia regolare, farà in modo di dare un po’ di ossigeno al Parma. Potrebbe farlo attraverso un anticipo del cosiddetto «paracadute» che spetta alle società retrocesse (e la retrocessione degli emiliani è dietro l’angolo...), ma poi se il club dovesse fallire chi restituirà quei denari? Insomma, siamo di fronte a un caso kafkiano cui, forse (e anche senza forse), le autorità di controllo della Federcalcio e della Lega avrebbero dovuto prestare una maggiore attenzione nei mesi scorsi. Quale regolarità può avere un campionato nel quale una squadra non ha nemmeno la liquidità per organizzare le partite?
IL SOLITO RITORNELLO Ieri Giampietro Manenti, l’uomo che da una settimana si è insediato sulla poltrona di presidente e non ha ancora sborsato un euro, ha saputo delle difficoltà per garantire lo svolgimento di Parma-Udinese e ha assicurato che tutto verrà sistemato. Già, come aveva detto che lunedì sarebbero stati pagati tutti gli stipendi dei tesserati e dei dipendenti, e come aveva detto, martedì mattina, che i pullmini e l’automobile pignorati dall’ufficiale giudiziario sarebbero stati ricomprati nell’arco di pochi giorni. Manenti, stando a quanto sostiene lui, si trova in Slovenia per risolvere la questione del trasferimento del famoso bonifico da 30 milioni di euro. Aveva dichiarato che il bonifico c’era, e le sue parole risalgono a lunedì, ma ancora non ce n’è traccia. Aveva addirittura garantito di aver fatto vedere il CRO, le undici cifre del Codice di Riferimento dell’Operazione, e di aver parlato direttamente con il direttore di banca preposto alla transazione. Mah... «Gli stipendi non sono ancora arrivati» ha detto ieri Alessandro Lucarelli. E le sue parole rischiano di diventare un ritornello poco piacevole in questi giorni di post-Sanremo. Per i tifosi del Parma questa non è una bella canzone.
SITUAZIONE ASSURDA Oggi si terrà a Parma la riunione del Gos, il Gruppo Operativo Sicurezza formato dagli uomini della Questura, dei Carabinieri, dei Vigili del Fuoco. Molto probabilmente verrà espresso un parere negativo sullo svolgimento della partita tra Parma e Udinese, a meno che non vengano risolte in tempi rapidissimi le questioni economiche. Sempre oggi Manenti dovrebbe rientrare dal viaggio all’inseguimento del denaro e si vedrà quale altra scusa potrà accampare per il bonifico mai arrivato. «Mi sa che oggi o domani i soldi ci saranno», così ha commentato. Quel «mi sa che» dà l’immagine di un’operazione che, a voler essere generosi, possiamo definire pittoresca. Alcune parole, pronunciate ieri dai personaggi in scena, sono allarmanti. Il presidente Manenti: «La due diligence (l’analisi dei conti della società, ndr) è ancora in corso. Non l’avevamo fatta prima perché non c’erano i tempi tecnici». Ma come si fa a comprare una società senza conoscere debiti e crediti? Il manager Fiorenzo Alborghetti, collaboratore di Manenti nel mettere in piedi l’organigramma societario e ora defilatosi, ci mette il «carico da undici»: «Non ho la più pallida idea di dove Manenti abbia i conti».
PROSPETTIVE In questo clima per niente edificante si aggiungono le scritte con insulti e minacce sui muri della villa dell’ex presidente Ghirardi, a Carpenedolo, per cui la procura di Brescia ha avviato un’indagine e il malore che ha colpito il direttore generale Leonardi ricoverato ieri pomeriggio in ospedale. E poi c’è, soprattutto, la conferma del capo della Procura di Parma, Antonio Rustico: presentata l’istanza di fallimento, udienza convocata il 19 marzo. I debiti del Parma con l’erario ammontano a 16 milioni e 746 mila euro, così divisi: 8 milioni e 443 mila per redditi di lavoro dipendente e 7 milioni e 218 mila di Irap. Entro il 12 marzo - cioè una settimana prima dell’udienza - il club ha la possibilità di salvarsi pagando la cifra complessiva, altrimenti si procederà con il fallimento e l’ipotesi di reato sarebbe quella di bancarotta fraudolenta. Se il Parma dovesse fallire, la società andrà all’asta: quando verrà acquistato nuovamente il titolo sportivo potrà ripartire dalla Lega Nazionale Dilettanti. Qui non c’è in ballo solo la partita con l’Udinese, ma l’intera storia del Parma.
La Gazzetta dello Sport
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