«Sarà un po’ difficile per me fare il tifo, ma per fortuna è un’amichevole. E che sia veramente così, mi raccomando». Papa Francesco, il primo Papa football fan, nel cuore ha non una, ma due squadre di calcio. Evidentemente da quando è vescovo di Roma (che è il motivo per cui è Papa) il colore biancoceleste dell’Argentina (che rimane, naturalmente) è cangiante, nell’azzurro intenso della nazionale italiana. E così inizia: «Cari amici, queridos amigos, facciamo metà in italiano e metà in spagnolo». Eccolo lì, nella sala Clementina con le due nazionali che si incontreranno stasera in un’amichevole in suo onore all’Olimpico (il Papa non sarà presente, assisterà invece il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato), in tutto 200 ospiti, tra giocatori, dirigenti e funzionari delle due federazioni, in prima fila naturalmente i calciatori, da Messi a Balotelli, a Buffon. E, a fine udienza, «Balo» commosso che dribbla le porte e gli svizzeri che si chiudono dietro al Papa, si infila e parla a tu per tu con il Pontefice, per un minuto, quasi in una «confessione» personale. Messi ammutolito, piccolo, piccolo come mai. Buffon, Higuain, Pirlo, Osvaldo, Lavezzi con i tatuaggi ed El Shaarawy con la cresta: per un giorno ragazzi normali. «Sono ancora stordito dall’emozione», racconta Maggio. «Avrei voluto fargli una foto da soli, da tenere con me», dice Higuain.
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Francesco: “Non so per chi fare il tifo”
«Sarà un po’ difficile per me fare il tifo, ma per fortuna è un’amichevole. E che sia veramente così, mi raccomando». Papa Francesco, il primo Papa football fan, nel cuore …
Subito, il saluto del Pontefice è anche un appello per uno sport che sia più umano: «Prima di essere campioni siete uomini, portatori d’umanità». E che non sia solo business, e così argini la violenza «in modo che sugli spalti tornino le famiglie con i bambini». Come era ai tempi in cui lui era ancora il piccolo Jorge. E con la famiglia sulle tribune vide il suo club, il San Lorenzo de Almagro («Per cui paga diligentemente ogni anno la tessera», ha testimoniato un sacerdote argentino pochi giorni fa, ma da ieri Bergoglio è socio onorario e ha detto ai segretari di trattargli «bene questa tessera»), conquistare il campionato con un gol di Pontoni. «Andavamo con papà, mamma, i bambini. Ricordo un gol di Pontoni...». Del resto la nonna di Bergoglio era una Sivori, lontana parente di Omar. Il discorso del Papa è un richiamo alla responsabilità sociale dello sport. «Voi, cari giocatori, siete molto popolari: la gente vi segue, non solo quando siete in campo ma anche fuori. Questa è una responsabilità sociale!», ha spiegato. «Quando siete in campo, si trovano la bellezza, la gratuità e il cameratismo. Se a una partita manca questo, perde forza, anche se la squadra vince...tutto è coordinazione per la squadra». Poi il cuore della questione: «Forse queste tre cose: bellezza, gratuità, cameratismo si trovano riassunte in un termine sportivo che non si deve mai abbandonare: dilettante, amateur. È vero che l’organizzazione nazionale e internazionale professionalizza lo sport, e deve essere così, ma questa dimensione professionale non deve mai lasciare da parte la vocazione iniziale di uno sportivo o di una squadra: essere amateur , “dilettante”». Questo — spiega — «fa bene alla società, costruisce il bene comune a partire dai valori della gratuità, del cameratismo, della bellezza». Il Papa si sente uno specialissimo «giocatore». E ha chiesto agli atleti una preghiera per sé: «Per favore, vi chiedo che preghiate per me, perché anch’io, nel “campo” in cui Dio mi ha posto, possa giocare una partita onesta e coraggiosa per il bene di tutti noi».
Il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, ha ribadito l’impegno per «un calcio sano e pulito, contro qualsiasi forma di violenza e di illegalità», mentre Julio Grondona, presidente della federazione argentina ha chiesto al Papa di benedire il calcio del «suo» Paese «affinché gli stadi tornino a essere come quando lei cominciava a provare le prime emozioni di tifoso». L’appello del Papa contro la violenza? De Rossi è amaro: «Chissà se basterà in Italia». Poi i doni: una pianticella di ulivo pegno di amicizia tra Italia e Argentina. E tanti palloni, scarpini e magliette (una con la scritta Francisco). Nei saluti finali: gli italiani tutti in ordine in fila, gli argentini invece in ordine sparso, un lio, un macello. «In Vaticano mi dicono sempre che sono indisciplinato, adesso vedono la mia razza», ha commentato il Papa.
CORRIERE DELLA SERA
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