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Due sole squadre. Persa metà del tesoro d’Europa

Quel «cucchiaio» che ha messo fuori l’Udinese è sempre un errore. È suggestivo, artistico, ma resta un errore perché lascia al portiere la responsabilità dell’esito. Non è l’esattezza del tiro …

Redazione VN

Quel «cucchiaio» che ha messo fuori l'Udinese è sempre un errore. È suggestivo, artistico, ma resta un errore perché lascia al portiere la responsabilità dell'esito. Non è l'esattezza del tiro a decidere, un fuoriclasse può fare il cucchiaio più rotondo del mondo ma se il portiere capisce, lo para senza nemmeno scomporsi. Non è in partenza un tiro imparabile come si conviene a un rigore. È una straordinaria concessione a se stessi. Si può fare in amichevole, non in partite così importanti. Hanno sbagliato anche grandi giocatori. Ricordo una volta Vialli a Genova. Prese la rincorsa, fintò e calciò a parabola lenta. Il portiere gliela prese senza sforzo, lui continuò a correre, senza fermarsi mai, fino all'uscita dello stadio, fin dentro gli spogliatoi, travolto dalla vergogna. Va da sé che Maicosuel ha commesso l'ultimo errore, ma non l'unico che ha messo fuori l'Udinese. La sconfitta è pesante per l'intero calcio italiano perché l'avversario era di altezza normale. Braga è una città del profondo nord portoghese, vicina al confine con la Galizia. È un incrocio tra Frosinone e Livorno, difficile in preliminari di Champions trovare avversari ancora più leggeri. Resta lo sfogo di Guidolin, sincero, corretto, esagerato. Il vero errore è stato nell'intervista prepartita. Non si deve mai dire «questa è la mia ultima Champions» perché i giocatori ci credono. Il calcio vive nell'aria dei duelli medioevali. Se non ci crede il cavaliere non può crederci lo scudiero, e allora che fatichiamo a fare? Così ai sorteggi di oggi per la prima volta avremo solo due squadre, la Juve con più handicap perché parte in terza fascia per i cascami europei di Calciopoli, e il Milan che può contare sulla vecchia nobiltà intatta. In un anno abbiamo perso la metà del tesoro, da quattro squadre a due, un'involuzione che dovrà pur conoscere la fine. Intanto abbiamo molti giovani di classe, quanti non ne avevamo dall'epopea milanista, quella di Baresi, Donadoni, Evani, Maldini, Costacurta. C'è poi un particolare fondamentale: abbiamo sei allenatori italiani (Mancini, Di Matteo, Spalletti, Ancelotti, Allegri, Conte) nelle 32 squadre europee. Non siamo più i migliori, ma rimaniamo gli ideologi del nuovo calcio continentale. Dovunque si gioca di più all'italiana. Forse è questo il vero pericolo. Se tutti sono italiani, noi chi siamo?

Mario Sconcerti - Corriere della Sera