E’ nel destino degli ex juventini dover conquistare due volte Firenze. La prima per vincere i pregiudizi legati al passato: superata quella fase, c’è la seconda, per entrare nel cuore dei tifosi. Ci sono riusciti i giocatori, ma pure gli allenatori, da Trapattoni a Prandelli. La missione ora tocca a Paulo Sousa. La Gazzetta dello Sport ha chiesto lumi su questo al doppio ex Angelo Di Livio.
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Di Livio: “Sousa, per conquistare Firenze devi metterci il cuore”
L’ex capitano viola: “Il passato bianconero conta poco se fai bene il tuo lavoro. Paulo ricorda Montella…”
"Il passato alla Juventus non significa niente, se fai bene il tuo lavoro. Che se uno dimostra di essere un professionista, innamorato del suo lavoro, il passato conta poco. Firenze è una piazza che si innamora di gente che dà tutto per la maglia".
Successe anche con lei?
"Venivo dalla Juventus, sono rimasto a Firenze sei anni e in ogni partita ho dato tutto per questa maglia, non solo in Serie A, ma anche in categorie inferiori. Non c’è un segreto per fare bene con la Fiorentina o far ricredere i tifosi: serve solo lavorare".
Quando giocavate insieme nella Juventus, Paulo Sousa dava l’impressione di poter diventare allenatore di livello internazionale?
"Quando si giocava si pensava al campo: nessuno di noi si vedeva vent’anni dopo. Una cosa, però, me la ricordo bene: era un giocatore straordinario, intelligentissimo. Con lui, la palla cantava anziché rotolare: non ricordo uno straniero in grado di avere un impatto simile con il calcio italiano. Fece una prima stagione (1994-95, ndr) incredibile".
Potrà avere la stessa precocità nell’abituarsi alla serie A da allenatore?
"Sono convinto che abbia i mezzi per farlo. Con il suo Basilea in Champions, non mi sono mai annoiato".
Dovesse fare un paragone con un allenatore italiano?
"Per certi aspetti mi ricorda Montella, un altro che per vincere è sempre voluto passare per il bel gioco".
Marco Calabresi - La Gazzetta dello Sport
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