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Della Violitudine, l’amore virale per la Fiorentina

Alla ricerca dell’utopia calcistica — un dono o una condanna — per cui da piccoli si decide di fare il tifo per la Fiorentina, è stato scritto un libro da …

Redazione VN

Alla ricerca dell’utopia calcistica — un dono o una condanna — per cui da piccoli si decide di fare il tifo per la Fiorentina, è stato scritto un libro da un professore del contagio. Cos’altro è il tifo viola? 

Perché nessuno vuole guarire da una malattia così orgogliosa e nello stesso tempo proletaria, una barricata sociale contro il Potere delle Maglie a Strisce?

Perché quando Narciso Parigi intona «garrisca al vento il labaro viola» ci vengono sempre i bordoni e ci pare che non ci sia una melodia di Mozart o Verdi che possa starle al pari?

Quest’ultima osservazione è dell’autore, noto melomane ma infettato dal tifo fin da piccolo, quindi un po’ di parte nell’esercizio di questa critica musicale.

E nell'ironia che Stefano Cecchi usa per giustificare una passione ingiustificabile, una «buona malattia che appartiene a pochi eletti», c’è la consapevolezza di una sconfitta che diventa vittoria perché non si fonda sulla contabilità dei successi, ma sul senso di appartenenza. 

A quale strampalata setta cerca di scoprirlo l’autore, perché solo un gruppo di monatti felicemente infetti (nel calcio c’è gioia anche nel dolore) può scambiare qualunque terzino viola, anche il più scarso, con un eroe mitologico. 

Nelle 139 pagine della sua rivendicazione di cittadinanza nel posto che odia i Potenti, Cecchi descrive l’orgoglio dell’opposizione coniando lo stato d’animo del tifoso felice di sognare l’impossibile: la Violitudine. La solitudine degli eletti. Perché nella Grandezza non c’è posto per tutti.

La Nazione