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Da Gubbio a Wembley, quel viaggio infinito…

L’incipit dell’articolo di Benedetto Ferrara

Redazione VN

Il senso del viaggio è in ogni cosa, e puoi trovarlo anche incartato nella stagnola. A volte è uno, a volte sono due, che è pure meglio. Il senso del viaggio non lo puoi barattare con nulla. Al limite lo smezzi e poi lo addenti quando non ne puoi più dalla fame, mentre guardi il paesaggio che scorre lento oltre i vetri del pullman e dell’automobile piena zeppa di amici. Il senso del viaggio, comunque, è arrivare là dove poche volte ti è concesso e dove poche volte sei riuscito ad arrivare: dentro te stesso, per trovare l’emozione pura, perché lungo questi chilometri che sanno di prosciutto, di mollica e di Ceres, c’è un brivido che non finisce mai, quello che oltrepasserà la pioggia e il sole, quello che ti lascerà comunque senza fiato: o festa o lacrime. L’essenza della vita oltre il grigiore.

Funziona così. E allora oggi correrai verso il verdetto. Lo sai. È per questo che mastichi il panino ma nello stomaco senti solo le farfalle. Sta accadendo adesso, mentre rotoli insieme ai tuoi sogni verso sud. È accaduto una vita fa, quando il mondo si era capovolto e insieme agli amici avevi deciso che la tristezza poteva andare a quel paese: ricominciamo dai, ripartiamo da qui. Stessa autostrada, ma meno benzina da consumare. Stadio di Arezzo. Firenze c’è. Un po’ stordita, perché non capisce bene cosa stia accadendo intorno. Avevi urlato quando Batigol aveva zittito Wembley, urli adesso che Masitto ha salvato la pelle dei tuoi.

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