E a un certo punto sui social spunta un tipo e scrive: «Questa Fiorentina inizia a somigliare a quella degli ultimi mesi di Prandelli». Un attimo. Il paragone è azzardato, ma ci sta che valga la pena resettare il cervello su quei primi mesi del 2010, quando dal gol di Robben in poi la Fiorentina decise di sfaldarsi con una certa coerenza. Storie molto diverse, ovvio, ma il rischio resta lo stesso anche per la squadra di Montella, che però ha alle spalle una società presente e, soprattutto, ha davanti una semifinale europea. Differenze di non poco conto. Allora il problema era quello di chiudere con un allenatore fino a quel momento intoccabile. Una specie di totem cittadino, che però iniziava a pesare. Prandelli uno onesto, non sempre consigliato bene, uno che un giorno disse che alla cittadella ci credeva zero. Un oltraggio. Anche se è dura dire che i fatti non gli abbiano dato ragione. Il vero problema, allora, era quello di ricominciare con meno pretese. E abbattere il totem, che nel frattempo aveva diviso i media in prandelliani e antiprandelliani.
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Come in un vecchio film già visto spunta il fantasma dell’ultimo Prandelli
Paragone azzardato? L’articolo di Benedetto Ferrara su La Repubblica di oggi
Una situazione ridicola, rivista oggi. Deleteria, anche perché la stessa cosa fu fatta sull’altra sponda: corviniani e anticorviniani, mentre i procuratori avvisarono i giocatori che il giochino era finito. E i giocatori iniziarono a pensare ad altro. Che poi, separarsi dopo cinque anni di storia comune poteva essere anche fisiologico, ma allora la cosa fu gestita da tutti con la mano leggera di un Quentin Tarantino. E così il fatto sportivo divenne uno psicodramma e la Fiorentina che ne seguì una vera bufala. E oggi? Beh, oggi Montella non ha ancora trovato qualche giocatore alle tre di notte ubriaco in un privé come era accaduto a Prandelli allora. Il gruppo è sano, il diesse è suo amico e i procuratori se ne stanno più o meno tranquilli.
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L'articolo integrale di Benedetto Ferrara in edicola con La Repubblica
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