Quando è arrivato a Torino non era più un calciatore (diagnosi di Ventura, massimo cerciologo vivente). E cos’era diventato allora Alessio Cerci, timido sbruffone indeciso fra la prodezza e l’indolenza, amato oppure odiato, comunque incapace di sfuggire al giudizio degli altri? Alessio Cerci — ci fanno capire — era depresso dopo due anni micidiali a Firenze. Poteva salvarlo solo l’unico strizzacervelli calcistico riconosciuto dalla mutua, Giampiero Ventura, che infatti l’ha accolto come un profugo al Torino. Pochi mesi prima Cerci era stato cercato con insistenza da Juve e Manchester City, ha deciso invece di ripartire da una squadra con ambizioni medio-basse pur di rimettersi nelle mani di Ventura. Una specie di relazione sentimentale, per quanto nel calcio sia concesso. Non sono mancati momenti di crisi, come quando lo strizzacervelli ha cercato di stendere Alessio con un destro durante l’intervallo di Torino-Milan; fu il presidente Cairo, che ancora non aveva comprato La7 e Mentana, a interrompere personalmente la fiction d’azione con un blitz dentro lo spogliatoio. Tempesta passeggera. Poi Cerci ha giocato così bene da sbarcare in Nazionale nel match amichevole contro il Brasile, sostituendo Pirlo. Lo strizzacevelli gli mandò un sms per complimentarsi, ovviamente senza ricevere risposta. Il paziente forse sta guarendo.
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Cerci-Ventura: il feeling, la rissa e l’sms senza risposta
Quando è arrivato a Torino non era più un calciatore (diagnosi di Ventura, massimo cerciologo vivente). E cos’era diventato allora Alessio Cerci, timido sbruffone indeciso fra la prodezza e l’indolenza, …
Angelo Giorgetti - La Nazione
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