Giorni contorti, affamati di pallone, difficili da decifrare. La Fiorentina è un’entità abbastaza vaga, per certi versi poco traducibile, per altri sorprendente. Non a caso, mentre i suoi tifosi si facevano conquistare da un sentimento forte, molti addetti ai lavori giudicavano la squadra di Sousa la vera sorpresa del precampionato, grazie anche alle sue vittorie contro Benfica, Barcellona e Chelsea, risultati che hanno permesso alla società di arrivare a quota diciassettemila abbonamenti, un salto indietro rispetto a un anno fa ma un passo avanti in confronto a quello che ci saremmo aspettati dopo il triste epilogo della scorsa stagione, quando a stretto giro la società ha deciso di buttare via quasi tutto iniziando dall’allenatore, proseguendo per Salah (la gestione del caso è stata discutibile) e chiudendo con la storia di Joaquin.
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B. Ferrara: “Fiorentina, cosa funziona e cosa ancora no”
L'analisi dei reparti e dell'allenatore. Si riparte dal carattere di Sousa
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Certo che, vista sul campo, la Fiorentina è ancora da decifrare. Davanti, al netto della questione Joaquin, la squadra sembra a posto. C’è da trovare un centrocampista e un difensore, magari anche un esterno. È la difesa attualmente il punto fragile della squadra, anche perchè la cessione di Savic ha portato soldi nelle casse ma ha indebolito il reparto, facendo contemporaneamente fare un salto di qualità al centrocampo, dove l’arrivo di Mario Suarez ha aggiunto muscoli ed esperienza. Ora si tratta di trovare un altro difensore e un mediano che faccia dimenticare Milinikovic Savic.
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Poi ci sono i giovani, coloro ai quali ti appelli quandi si tratta di risparmiare. Giovani forti, sia chiaro. Come Bernardeschi e Babacar, due prodotti fatti in casa. I titolari del futuro. Poi c’è Pepito che è la possibile sorpresa della stagione.
Facendo due conti possiamo dire che la Fiorentina è meno forte di prima ma ha preferito non dichiararlo. Il che potrebbe anche aiutarla a tener testa alle difficoltà e a lanciarla. La verità è che il tifo è una materia complessa e umorale. Quello che conta è dire la verità. Se il patto tra la gente, la società e i giocatori è fondato sulla lealtà, niente può essere un problema, neanche il Milan.
L'articolo integrale di Benedetto Ferrara in edicola con La Repubblica
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