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Auguri, Baggino. La tua fantasia contro il Potere

Domani, 18 febbraio, Roberto Baggio compirà 46 anni. Non è certo un caso sia nato nello stesso giorno di Fabrizio De Andrè: uno la poesia l’esprimeva in musica, l’altro la …

Redazione VN

Domani, 18 febbraio, Roberto Baggio compirà 46 anni. Non è certo un caso sia nato nello stesso giorno di Fabrizio De Andrè: uno la poesia l’esprimeva in musica, l’altro la componeva sui prati di calcio.

Qualcuno amava Roberto Baggio perchè, nonostante le cento maglie indossate, sembrava nato solo per vestire il viola col 10 sulle spalle.

Qualcuno amava Roberto Baggio perché, quando faceva gol dopo aver messo a sedere mezza difesa del Milan o attraversato il San Paolo in dribbling, i suoi occhi sorridevano come quelli di un ragazzino che sa di averla fatta grossa.

Qualcuno amava Roberto Baggio perché il giorno in cui con la maglia della Juve si rifiutò di tirare un rigore contro la Fiorentina e poi, uscendo, si mise la sciarpa viola al collo, a tutti i fiorentini si fermò il fiato. Fu la conferma che nel calcio l’appartenza nasce dal cuore e non da una coppa vinta o da un conto in banca.

Qualcuno amava Roberto Baggio perché quando saltava come birilli gli avversari sembrava imprendibile come il libeccio, ingestibile come un’emozione, luminoso come la fantasia.

Qualcuno amava Roberto Baggio perchè il giorno che i Pontello lo vendettero agli Agnelli, in piazza non andò una curva ma un popolo. I ciompi del ventesimo secolo che, sentendosi vittime di un sopruso, vollero far sapere al Potere che non tutti si inchinano al suo capriccio.

Qualcuno amava Roberto Baggio perché, nonostante Sacchi lo ritenesse inutile per i suoi schemi, lui vinse da solo contro la Nigeria, la Spagna e la Bulgaria portando l’Italia in finale al Mondiale. E qualcuno lo amò anche se poi, in finale, sbagliò il rigore decisivo col Brasile: da Otello a Zivago, passando per Jack Dawson e Paperino, gli eroi dei grandi romanzi popolari non conoscono mai il lieto fine.

Qualcuno amava Roberto Baggio perchè Marcello Lippi lo detestava.

Qualcuno amava Roberto Baggio perché anche se va a Sanremo fra Toto Cotugno e Al Bano, lui fa sempre la sua figura.

Qualcuno amava Roberto Baggio perchè, come scrisse Lucio Dalla, «a vederlo giocare ci si sente bambini. Lui è l’impossibile che diventa possibile. Una nevicata che scende giù da una porta aperta nel cielo».

Qualcuno amava Roberto Baggio perché pensava e pensa che il calcio sia gesto e non calcolo, sacrificio e non ricchezza, bellezza e non tornaconto, nonostante Blatter, Moggi, Raiola & C. stiano lì a suggerirci esattamente il contrario. Qualcuno lo amava e lo ama ancora perchè resistere, resistere, resistere a Blatter, Moggi, Raiola....

Stefano Cecchi - La Nazione