Aspettando Jo Jo. Potrebbe essere un bel titolo per il romanzo di un campione potenziale che, per motivi oscuri, non riesce a far esplodere in pieno il proprio talento, rimanendo in un limbo indefinito: fuoriclasse o solo buon giocatore? Chissà qual è l’appellativo giusto per Stevan Jovetic, talento del calcio in crisi di identità. Aspettando Jo Jo. Perché, proprio come Vladimiro ed Estragone aspettavano l’arrivo del signor Godot, così Firenze da qualche tempo attende che si accenda quello che sembrava il suo faro più luminoso.
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Aspettando un guizzo di Jo Jo
Aspettando Jo Jo. Potrebbe essere un bel titolo per il romanzo di un campione potenziale che, per motivi oscuri, non riesce a far esplodere in pieno il proprio talento, rimanendo …
Invece, in una squadra che luccica per gioco e talento, lui ultimamente è il lato appannato, quello che non riesce a brillare, smarrendo la via della rete (non segna da 9 partite) quella del gioco e pure il sorriso, che, ahimè è la cartina di tornasole che qualcosa dentro non va.
Aspettando Jo Jo. Quanto tempo è passato da quando, 19enne smarrito e tenero come Nick Novecento nei film di Pupi Avati, si presentò a Firenze dal Montenegro. Alto e dinoccolato, i capelli ricci e un fisico non certo da «Bronzo di Rialto» (cifr: Schillaci che parla di se stesso) si prese il numero 8 che era stato di Mjatovic e Baiano, ma tutti si accorsero subito che quel ragazzo poteva diventare un 10 alla Roberto B. Per questo Firenze ha avuto per lui brividi di amore vero, andando un giorno allo stadio con la parrucca a riccioli per celebrarlo, aspettandolo per un anno dopo che il suo ginocchio s’era disfatto e applaudendolo al rientro come un figliol prodigo. Chissà se tutto ciò sarà mai stato argomento di conversazione col suo procuratore, quello che sta muovendo mari e monti per portarlo altrove, aumentando l’imponibile del suo 730.
Aspettando Jo Jo. Che poi non è del tutto vero perché Jovetic qualche volta è arrivato eccome: la doppietta al Liverpool, quella al Bayern, l’inizio scoppiettante di questo campionato.
Solo che alle luci ha alternato il buio di partite senza colore, trotterellando per il campo come un Bolatti qualsiasi. Un giocatore carsico, che appare e scompare come un fiume istriano, mancando nei momenti che contano. Mezza Firenze non dimentica, ad esempio, che lo scorso anno, quando la Fiorentina stava per sprofondare in B, lui non c’era a tirarla fuori dai guai. Un peccato, perché gli affetti si cementano nel momento del bisogno. Aspettando Jojo, ma ancora per poco. Perché l’impressione è che la sua giornata a Firenze volga al tramonto. Altra piazze lo richiamano, altri ingaggi lo incantano. Che peccato, però, sarebbe andarsene così. In maniera anonima, senza un guizzo ultimo, un gesto forte di appartenenza a lucidare il possibile ricordo. E’ vero: il suo addio porterebbe in cassa molti milioni, che sono comunque un buon modo per salutarsi. Ma per chi ha il cuore viola sarebbe comunque una ferita. Averlo pensato il nuovo Baggio e ritrovarsi con un altro dei troppi Montolivi.
Stefano Cecchi - La Nazione
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