«Sono stato criticato ma lo confermo: il problema del calcio italiano, il più urgente è quello che ruota intorno alla costruzione di stadi moderni». Giancarlo Abete si prepara a essere rieletto presidente federale. Ecco i passaggi più importanti di un'intervista concessa al Corriere dello Sport Stadio:
stampa
Abete: “In Italia servono stadi nuovi”
«Sono stato criticato ma lo confermo: il problema del calcio italiano, il più urgente è quello che ruota intorno alla costruzione di stadi moderni». Giancarlo Abete si prepara a essere …
Presidente Abete, l’annuncio di James Pallotta di costruire in tre anni uno stadio di proprietà della Roma va colto come un segnale di fiducia?
«Si tratta di un ottimo segnale perché è una scommessa importante per la città e per la società. E’ evidente che all’interno del problema degli stadi vi sono sfaccettature specifiche».
Cosa intende dire?
«La scelta della Roma nasce da una analisi finanziaria: lo stadio di proprietà per incrementare i ricavi e migliorare la competitività. Non è una scelta legata alla obsolescenza degli impianti perché a Roma e Milano abbiamo gli unici due stadi che possono ospitare una finale Champions».
La legislatura che si chiude, sia parlamentare che sportiva, avrebbe dovuto partorire la legge sugli stadi. Sembrava a portata di mano, è saltata definitivamente proprio alla fine dello scorso mese di dicembre. Avete pagato anche la tendenza dei club ad andare un po’ in ordine sparso nel tentativo di curare meglio gli interessi di parrocchia?
«No, questa volta i presidenti non c’entrano nulla. Il provvedimento si era inizialmente incagliato alla Camera, poi è stato sdoganato nel momento in cui si era previsto che alla fine dell’Iter, per garantire maggiormente la tutela dei siti di particolare interesse storico, l’ultima parola dovesse essere quella del ministero dei Beni Culturali. Poi in Senato si sono irrigidite le aree politiche con una vocazione più fortemente ambientalista chiedendo che nel provvedimento fossero totalmente escluse cubature aggiuntive, al di fuori di quelle previste per lo stadio in sé».
A questo punto, nei prossimi quattro anni lei, da presidente federale, dovrà lavorare per ottenere quello che non è riuscito ad avere nel mandato in scadenza e con due “candidature” per gli Europei.
«Gli stadi rappresentano per il calcio italiano il problema dei problemi, sono una questione fondamentale. I nostri club hanno bisogno di un mix diverso di ricavi, non possono confidare solo sulla Tv. Sono stato criticato qualche giorno fa quando l’ho detto una prima volta. Ma in realtà volevo dire una cosa semplicissima. Io non sottovaluto il fatto che un piccolo taglio degli organici in serie A, da venti a 18 squadre, possa essere uno strumento utile per guadagnare competitività a livello internazionale. Ma quello dello stadio resta il problema più grosso: la Premier ha venti squadre e produce grandi ricavi proprio perché ha risolto la questione».
I nostri impianti sono fatiscenti...
«Il fatto è che nel tempo le esigenze della gente sono cambiate. Basta vedere come sono oggi i cinema. Spesso si punta il dito contro Italia ‘90 ma all’epoca la concezione era diversa, si puntava soprattutto sulla quantità nella convinzione di poter aumentare gli incassi, la pay tv era di là da venire. Oggi si bada molto al comfort e alla qualità dei servizi. E dispiace che non sia stata colta da tutti questa urgenza: quella legge che è saltata a fine anno avrebbe consentito di rifare gli impianti a costo zero per lo Stato».
© RIPRODUZIONE RISERVATA