Il direttore sportivo, il primo passo della nuova Fiorentina. Un primo passo lento, se si considera che il campionato è finito da due settimane e che certe decisioni di solito vengono prese con molto anticipo. Eppure sul ritardo si può anche sorvolare, considerato che nel mercato dei calciatori ci sono stati pochi movimenti, soprattutto in quella zona che dovrebbe riguardare la Fiorentina sia in entrata, sia in uscita.
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A passi lenti verso il futuro (in compagnia)
L’analisi di Sandro Picchi sul Corriere Fiorentino
Daniele Pradè è un dirigente esperto che ha lavorato in un grande club come la Roma, un club pieno di ambizioni, di tensioni, di passioni e anche di confusioni. Chi è stato alla Roma dovrebbe aver fronteggiato di tutto. Ma anche i calcistici, ribollenti umori di Firenze non sono roba da poco. Pradè trova una situazione non facile: piazza delusa e disamorata, squadra da disfare e da rifare, allenatore da ingaggiare. Il lavoro non gli mancherà.
Il direttore sportivo è certamente una figura di rilievo in una società di calcio, tanto più che negli ultimi anni l'importanza del ruolo è nettamente aumentata, specialmente in quelle società che hanno affidato al direttore poteri giganteschi, come ha fatto la Fiorentina con Corvino. Ma nonostante il dilatarsi della figura del d.s., la scelta che conta di più, almeno per chi ancora vede il calcio come un fatto di campo, di preparazione, di partite, di tattiche, di decisioni, di tempestività, di scelte, è quella dell'allenatore. La testa, le idee, la saggezza, l'improvvisazione, il coraggio e la pazienza. Tutto questo e non solo questo conta in un allenatore, personaggio decisivo nella fortune e nelle sfortune di un club. Anche su questo punto la Fiorentina è in ritardo, eppure anche qui il ritardo non è poi così grave se si pensa che altre società — Roma, Lazio, Siena per esempio — si trovano nelle identiche condizioni e che lo stesso Napoli potrebbe tra un paio di giorni rompere il rapporto con Mazzarri. Ritardo condiviso, dunque. E infatti quello che semmai preoccupa è il timore che in questo giro di panchine da riempire la Fiorentina rischi di non poter scegliere chi vorrebbe. O chi vorrebbero i tifosi. Ranieri piace alla società che punta sui «colletti bianchi» per restituirsi uno stile, ma è sgradito al popolo. Zeman piace al popolo che lo adora a prescindere, ma forse a lui piace di più un altro popolo, quello romano. Montella è bravino, forse bravo, certamente composto e di buono stile ma il suo destino è nelle mani del Catania e forse anche della Roma. Reja è sul target di Ranieri, Dunga è il ritorno al passato e chissà forse anche al futuro, Di Matteo ha vinto la Champions e si presume che ricostruire la Fiorentina non sia il primo dei suoi desideri, Mazzari costa quanto Montella e Zeman messi insieme, mentre per Spalletti ci si accontenti con animo lieto di ripassare tra alcuni e molto ricchi anni.
Tutto sembra ancora in alto mare, dunque. Così come la storia del nuovo stadio che da solo, senza alberghi e annessi vari nell'area Mercafir, frutterebbe alla Fiorentina 2 milioni e mezzo l'anno, giusto i soldi per pagare l'acqua, ha detto Cognigni. Sono alti i costi per mantenersi puliti.
Sandro Picchi - Corriere Fiorentino
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