Sousa da morire. Meglio: bella da morire. La Fiorentina. Lasciamo perdere la classifica che già parla e ci regala mille verità. Andiamo a vedere come funziona, di che tipo di giocattolo stiamo parlando. E' una roba dai meccanismi consolidati, come se Paulo fosse arrivato tre anni fa e non la scorsa estate. E viene da pensare quando Montella, replicando alle velenose osservazioni di maggio o giugno da parte di chi non lo digeriva, rispondeva con un "non avete ben chiara quale sia la vostra dimensione". Profetico, senza volerlo, Vincenzino. Perché ha alzato lui l'asticella, con la provocazione. E l'asticella si è alzata davvero, passando dalla teoria alla pratica, per merito di quel signore brizzolato. Si chiama Paulo, era il mago di Basilea, lo aveva chiamato la Samp e aveva preso tempo forse (senza forse) perché lo avevano chiamato anche da Palazzo Vecchio e dintorni, consapevoli che il matrimonio con Montella avrebbe prima o poi consumato i titoli di coda. Infatti. È stato un trionfo a braccia alzate e lo diciamo indipendentemente dall'epilogo della stagione, la strada è lunghissima. Il popolo viola non pensava di potersi divertire così tanto, godendo di quell'irrefrenabile piacere che soltanto un pallone che rotola riesce a darti. Importante che rotoli bene, come se fosse una libidine.
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Per Pedullà è un “Sousa da morire”
Alfredo Pedullà racconta le virtù di Paulo Sousa
E si tratta di purissima libidine, semplicemente perché la Fiorentina vive mille momenti nella stessa partita. Sintesi perfetta di una fase di preparazione attenta ai dettagli, come soltanto quelli capaci, istruiti e geniali sanno fare. C'è la prima fase, quando bisogna sbloccare, che porta a verticalizzazioni improvvise, utilizzando - storia di Genova, sponda Samp - la folle imprevedibilità di gente fantasiosa come Bernardeschi e Ilicic. Protetti da un centrocampo dove Borja Valero è ingegnere, Badelj ispiratissimo, Vecino quello che - in proporzione rispetto a un paio di anni fa - ha scalato tutte le montagne possibili e immaginabili. La difesa è alta, diretta da Gonzalo Rodriguez, ma bisogna vedere il nuovo Astori, nuovo perché ha ritrovato il gusto della posizione e dell'organizzazione dopo la mediocre stagione con la Roma. Tutto questo in funzione di Kalinic che era da prendere al Fantacalcio il 31 agosto e non il 31 ottobre, che è costato poco più di 5 milioni e che sintetizza nel migliore dei modi la figura dell'attaccante stramoderno e completo. Kalinic segna, eccome se segna, ma non solo. Il croato è la variabile impazzita delle verticalizzazioni con le sponde, il lavoro perimetrale, i movimenti che mai ti lasciano un punto di riferimento. Sensazionale.
Dalla prima fase, verticalizzare e partire, si passa alle successive. Una, tra tante: il possesso palla che sembra una cantilena ma che ti nasconde la sfera, che non ti consente di avvicinarti, che ti irrita fino al punto da smontare (spesso) l'avversario. Mai vista una Samp così incapace, inebetita. E attenzione, anche quando perde, la Fiorentina cade in piedi: in casa del Toro per un black-out, a Napoli una recita bellissima, contro la Roma dopo aver creato un mare di palle-gol. Non abbiamo la pretesa di prevedere il futuro: se questo gruppo è da scudetto, da zona Champions o chissà da cosa. Basta e avanza il presente, una cartolina con tutti i colori dell'arcobaleno.
Sousa da far impazzire tutti: quelli che studiano calcio; quelli che pretendono un prodotto alla larga dall'improvvisazione e quasi studiato in laboratorio; quelli che hanno la Viola nel cuore. Per loro Paulo è un distributore di emozioni continue. Sousa da morire.
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