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Ossatura (viola)azzurra: il confronto tra la Fiorentina e le big di A

In pochissime squadre come la Fiorentina hanno costruito le proprie fondamenta su un nucleo di giocatori italiani. Da Sportiello ad Astori fino a Benassi, Biraghi e Chiesa: quella viola, tra le ossature italiane, è la più solida

Simone Torricini

La consuetudine vuole che il tema sia di dominio bianconero, e stando ai fatti non si può che allargare le braccia ed accettare la cosa. In fondo la Juventus è da sempre porto amico per i calciatori italiani, e pertanto rinomata nazionalista in materia calcistica. Ma la Fiorentina targata Pioli, almeno ad ora, non sembra discostarsene più di tanto. Anzi. È lecito chiedersi se si tratti di un caso, oppure se viceversa la folta presenza di italiani nella rosa viola di oggi sia un dato voluto. Quel che è certo – ne parlavamo anche qua – è che nei mesi estivi la parola italianizzazione era sulla bocca di tutti, Corvino in primis.

La Fiorentina della seconda metà del 2017 fa parte di un ristretto gruppo di squadre che si distinguono dalle altre proprio in questo parametro. Non è certo il caso della Lazio, che Parolo e Immobile a parte tende a schierare giocatori stranieri, né propriamente quello della Roma (anche se qualche volto azzurro in più lo ha). Non è neanche il caso dell'Inter (D'Ambrosio, Gagliardini e Candreva gli unici sempre titolari), e per quanto riguarda il Napoli dietro a Jorginho e ad Insigne c'è il vuoto.

Ci sono invece il Milan (Donnarumma, Bonucci, Bonaventura, Conti, Borini, Cutrone e tanti altri in seconda linea) e la solita Juventus, oltre ad una Samp che tra Viviano, Ferrari e Quagliarella una piccola ossatura azzurra la ha. La Fiorentina, di contro, schiera ogni settimana cinque giocatori italiani. Sportiello tra i pali le ha giocate tutte, così come Astori. Ne ha saltate appena due Biraghi, mentre Benassi a centrocampo è rimasto fuori appena una volta proprio come Chiesa. Sono loro, e sempre loro. Segno di una continuità che Pioli sta cercando di affermare, premiato anche dalle risposte del campo. Certamente va detto che il fatto di non giocare competizioni europee aiuta: consolidare certezze di sette giorni in sette giorni è più comodo, l'allenatore può permettersi di lasciare invariato l'undici titolare anche per mesi. E puntualmente è ciò che sta accadendo: Pioli sposta raramente le sue pedine, e ancor più raramente fa sedere in panchina i cinque del blocco italiano.

Non è una percentuale esagerata, parliamo pur sempre di un 45%. Ma è un 45% che se relazionato al contesto e al passato, in cui di italiani in campo con la maglia viola capitava anche che non ce ne fossero, fa riflettere. E c'è un altro dato utile a sviscerare la questione. La somma dei minutaggi totali dei cinque italiani più impiegati nella Fiorentina è pari a quasi ottomila; nel caso di Juventus e Milan la quota scende rispettivamente a quattromila e seimila. Prendendo la Sampdoria, che come la Fiorentina non gioca in Europa, il discorso non cambia: tra Quagliarella, Ferrari, Puggioni, Murru e Caprari non si va oltre i cinquemila minuti. L'indicatore che ne emerge è il fattore continuità: i violazzurri sono parte centrale dell'ossatura della Fiorentina di Pioli, e anche per via del non-impegno europeo trovano sempre spazio in campionato. Di contro, altre squadre che hanno comunque in rosa tanti italiani non li schierano con la stessa frequenza.

È evidente che la tendenza sia ancora in fase embrionale: i mesi trascorsi da agosto sono appena quattro e spesso per rovesciare un equilibrio è sufficiente traballare per qualche secondo di troppo. Ma ad ora la squadra appare solida, e parte del merito va naturalmente a quella metà violazzurra che contribuisce a trascinarla. Aspettando Saponara e perché no, anche Lo Faso. In attesa di un mercato che possa mantenersi in linea all'italianizzazione, o quantomeno che possa preservarla. Senza rinunciare quando possibile ai Pezzella e ai Veretout, ma anche senza disdegnare a priori chi in Italia è cresciuto.

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