Ogni dirigente di mercato ha i suoi contatti e le sue simpatie, e ciò porta le squadre per cui lavorano a guardare maggiormente sul mercato nelle aree dove questi hanno più contatti.
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Ds che hai, mercato che trovi
Con il ritorno di Corvino nella gestione del mercato viola, lo sguardo della Fiorentina è tornato a cercare in America e nell'est Europa, zone meno controllate dal successore-predecessore Pradè
Lo ha ben capito il popolo viola tra il 2005 e il 2012, quando alla guida del mercato c'era Pantaleo Corvino. Tra i, tanti, colpi dalla Serie A spiccavano alcuni nomi semi sconosciuti di giovani talenti stranieri, spesso con il suffisso uguale (-ic) o almeno di provenienza dell'est Europa. Un'altra bella fetta, anche se minore, proveniva dal Sudamerica, da sempre bacino di conquista di squadre a caccia della scommessa da lanciare nel calcio europeo.
Ed ecco quindi arrivare Kuzmanovic, Avramov e Reginaldo nel 2006, Gulan, Mazuch e Hable nel 2007, e negli anni successivi Jovetic, Ljajic, Jefferson, Santiago Silva, Keirrison (anche se tramite il Barcellona), Boruc, Neto e Nastasic, più tanti altri ragazzi cresciuti nel vivaio viola ma sempre pescati nelle medesime zone (due esempi possono essere Seferovic e Matos).
Dopotutto, il mercato di Corvino è sempre stato così: cerca il talento a basso prezzo, lega con il procuratore e chi gli sta intorno, rivende il talento creando plusvalenza mantenendo i buoni rapporti con il procuratore e ricomincia. È una cosa che abbiamo visto fare con il trio d'oro Jovetic-Ljajic-Nastasic: tutti e tre dal Partizan, tutti e tre legati a doppio filo con Fali Ramadani, tutti e tre pagati poco e venduti a tanto.
La geografia del mercato è cambiata molto quando Pantaleo se n'è andato per far posto alla coppia Pradè-Macia. Anche grazie ai rapporti che già aveva lo spagnolo, il mercato si è centralizzato sulla penisola iberica, intrecciando affari su affari con squadre spagnole (soprattutto il Villarreal) e portoghesi. Ed ecco Borja Valero, Gonzalo Rodriguez e Mati Fernandez arrivati a prezzo di saldo e, nel caso dei primi due, rivalutati dal gioco di Montella. Un esperimento andato molto bene, tanto che con gli stessi amarillos viene imbastito il colpo Giuseppe Rossi pochi mesi dopo, sempre per una cifra relativamente bassa (10 milioni di euro per un giocatore che, prima del doppio infortunio, stava per passare al Barcellona). Il mercato in Sudamerica non è finito con il ciclo di Corvino (arrivò anche Vecino direttamente dall'Uruguay), ma è chiaro che gli sguardi sono volti all'Italia e alla Spagna. E nel 2013 ecco arrivare Joaquin e Munua oltre a Marcos Alonso (spagnolo ma dagli inglesi del Bolton) insieme a Bakic, Rebic e piccoli colpi interni alla Serie A.
Per concludere, l'anno scorso, con gli spagnoli Suarez, Tello e Verdù insieme ai meno sentiti sudamericani Gilberto, Baez e Schetino.
Adesso è cominciato un nuovo ciclo, il Corvino-bis, e alla luce degli antichi rapporti e dei precedenti incoraggianti, il mercato ha ricominciato a spaziare tra est, nord e (molto) ovest: oltre al possibile ritorno di fiamma per Adem Ljajic, pare vicinissimo il portierino Bartlomei Dragowski, che in Polonia inneggiano come un futuro fenomeno, più gli interessamenti per Elabdellaoui (norvegese), Mehmedi (svizzero) e il meno esotico Dennis Praet, per poi tornare in Sudamerica con il freschissimo nome di Hernani, quel Gabriel Barbosa che pare difficile a causa del forte interesse di squadre molto più blasonate e, infine, il sogno di Corvino Sadio Mané, di difficile realizzazione a causa dell'alto valore attribuito dal Southampton.
E chissà quanti “ic”, sudamericani ed esotici saranno accostati alla Fiorentina di Pantaleo.
I fondi stanziati dai Della Valle non sono molti e di sicuro non fanno sognare, ma con il Corvo tutto è possibile.
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