Viola News
I migliori video scelti dal nostro canale

ex viola

Mihajlovic e Firenze: “Bella ma ostile. La squadra era vuota, chiesi ai tifosi di lavorare in pace e invece…”

FLORENCE, ITALY - NOVEMBER 14:  Fiorentina head coach Sinisa Mihajlovic looks on during the Serie A match between Fiorentina and Cesena at Stadio Artemio Franchi on November 14, 2010 in Florence, Italy.  (Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)

Mihajlovic ricorda l'esperienza vissuta a Firenze

Redazione VN

Sinisa Mihajlovic racconta, dal suo punto di vista nel libro scritto insieme al vicedirettore della «Gazzetta dello Sport» Andrea Di Caro, l’esperienza alla Fiorentina. Nel suo «La partita della vita» (ed. Solferino), Sinisa dedica un intero capitolo a quell’esperienza difficile a una «Firenze così bella da lasciarmi senza fiato, così ostile nei miei confronti da non comprenderne il perché». Ecco le anticipazioni pubblicate sul Corriere Fiorentino:

“Tra un grande amore e un altro serve una storia cuscinetto. E, mio malgrado, quel cuscinetto sono io», scrive l’allenatore serbo. Che ricorda anche il «benvenuto» di «Adriano Sofri, un ex attivista politico, leader negli anni Settanta del movimento Lotta Continua, condannato a ventidue anni di carcere perché mandante dell’omicidio di un commissario di polizia, Luigi Calabresi (...). Su Repubblica e Il Foglio si sente libero, chissà da quale pulpito, di gettarmi palate di fango con grande superficialità. Parla di un mio «sostegno militante, mai ripudiato e sempre ribadito, offerto a crimini e criminali di guerra. Massacratori, stupratori, torturatori, kapò e saccheggiatori di migliaia di civili innocenti (...). Questo è il clima intorno a me. Venuto per allenare una squadra, mi ritrovo inserito nella categoria dei carnefici». Ma è il rapporto con la tifoseria a rendere l’avventura di Mihajlovic, a suo parere più difficile di quello che già sarebbe trovandosi a fare i conti «con una squadra vuota nella testa e nei muscoli». Sinisa racconta il confronto durante il ritiro estivo con i tifosi a cui «chiedo di lasciarci lavorare tranquilli». Parole che restano però inascoltate, almeno dal punto di visto dell’allenatore. Che proprio ripensando alla sua avventura a Firenze prende spunto per una riflessione sul ruolo degli ultras nel calcio e su quanto possano incidere sulla costruzione di una squadra. «È giusto, opportuno, lecito contestare un tecnico anche dopo una vittoria, facendo sfociare il dissenso in insulti? Può bastare pagare un biglietto per ritenersi liberi di attaccare, denigrare, invitare all’esonero? Siamo proprio sicuri che sia normale trasformare uno stadio in un Colosseo dove con il pollice alzato o abbassato si decide il destino di un uomo? Fino a che punto una curva può invocare una decisione, arrivando a pretenderla attraverso una protesta continua? I tifosi rappresentano il termometro della passione, il calore, il colore. Senza di loro il calcio non avrebbe senso. Ma le società non sono loro. E le scelte toccano ai proprietari e ai dirigenti. I tifosi sono liberi di sostenere una squadra come di allontanarsi, ma non hanno il diritto di danneggiarla creando un clima impossibile. «Sono stati anni in ogni caso utili per trarre conclusioni importanti. La prima è che non è mai sano lavorare in un ambiente ostile, perché, come diceva Einstein, “è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”. La seconda è che l’autostima non deve mai sfociare nella convinzione di poter risolvere tutto da soli».

tutte le notizie di