Pasquale Padalino è stato uno di quei giocatori di cui difficilmente ci si dimentica, roccioso difensore degli anni '90, che in viola ha vinto la Coppa Italia '95-'96 e giocato la Coppa dei Campioni, dando sempre il massimo in campo, facendo parte di quella che forse è stata la più iconica Fiorentina di sempre.
esclusive
PERSONAGGI VIOLA – Padalino: “Che emozione il Camp Nou in Coppa Campioni! E dopo la vittoria in Coppa Italia…”
Violanews vi propone una nuova rubrica. Ogni settimana vi racconteremo sotto vari punti di vista un personaggio della storia viola. Oggi è la volta di Pasquale Padalino, grande difensore viola degli anni '90
Signor Padalino, ci racconti com è stato per lei, dopo due anni a Lecce e Foggia, arrivare alla Fiorentina
"Sicuramente è stato un periodo molto emozionante. Arrivavo da due squadre importanti, una come il Foggia che è la squadra della mia città e mi ha fatto arrivare al grande calcio attraverso anche realtà più piccole, mi hanno formato molto e mi hanno dato la possibilità di conoscere stadi importanti come Firenze in primis e poi tutti quelli meravigliosi visti a livello europeo. Ho giocato con grandi compagni e avuto allenatori bravissimi, è stato veramente un periodo fantastico.
Facciamo una piccola digressione per parlare del suo ruolo, il libero, che sta scomparendo dal calcio di oggi, cosa ne pensa ?
"Il libero non è scomparso, sono scomparsi alcuni tipi di giocatori, e altri che oggi giocherebbero con alcuni arti in meno. Eravamo tanti prima, io, Amoruso, Nesta, Cannavaro, Montero stesso,c'era più attenzione alle diversità, si creava una squadra in base alle caratteristiche dei giocatori. Oggi in quel ruolo ce ne sono pochissimi, soprattutto quelli bravi, ma in realtà alla base non c’è una costruzione del difensore. Ci sarebbe da fare un discorso lungo, sulle scuole calcio e sugli istruttori, che forse sono il vero problema. Non c’è stata evoluzione nel ruolo, ora qualche difensore prova a giocare con i piedi, ma perchè gli viene chiesto dall' allenatore io lo facevo di mio, e lo stadio si teneva il cuore per paura (ride, ndr).
Andiamo al successo più grande conseguito con la Fiorentina, la Coppa Italia vinta, ci racconti cosa ricorda di quel trionfo.
"La prima cosa che mi viene in mente è il ritorno allo stadio pieno di gente. Avevamo aspettato molto nello stadio di Bergamo perché fuori c’era un po’ di confusione, e non ci volevano far uscire. Il ritorno a Firenze è il ricordo più indelebile che ho legato a quegli anni magnifici, insieme alla Coppa Campioni giocata al Camp Nou, sono emozioni che non si dimenticano. L’abbraccio di tutti i quaranta mila o quanti erano alle 4 del mattino è stato bellissimo, regalare con i miei compagni una grande soddisfazione ad una piazza che all’ inizio era un po’ scettica, anche è perché non erano arrivati giocatori di grandi nome, è stato fantastico.
Nella sua esperienza viola ha avuto grandi compagni e grandi allenatori, con chi aveva legato di più o di chi ha ricordi più indelebili ?
"Tra i compagni c’era molta affinità con Bigica, Amoruso, Bati e Rui, oltre a Carnasciali. Sono passati tanti grandi giocatori, non voglio fare torti a nessuno, ma il nucleo, il gruppo storico è quello con cui abbiamo diviso tante gioie e dolori. Mister ne ho avuti tre e sono stati tutti molto importanti, Ranieri, Malesani e Trpattoni, ognuno con caratteristiche diverse mi ha aiutato molto. Ranieri era veramente un bravo oratore, dava grandi consigli sia tecnici che sulla parte umana. Malesani era più pragmatico, un animale da campo, lo abbiamo avuto forse in un momento dove non aveva la piena esperienza per rendere il massimo in una grande squadra. Trapattoni era più esperto, lavorava meno sul campo, ci lasciava più liberi ma gestiva benissimo i rapporti tra giornalisti e spogliatoio. Tre allenatori diversi, tutti e tre grandi e tutti e tre mi hanno aiutato molto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA