David Guetta ha tanto da raccontare. Ecco come ha risposto a qualche nostra domanda sulle sue esperienze di giornalista con la valigia.
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David Guetta in esclusiva a VN: Una vita in trasferta
Una vita per le strade o sui cieli d’Italia al seguito della Fiorentina…
1-Mi parli delle città che hai visitato durante questi anni di trasferte? Quale ti è piaciuta di più, in quale torni più volentieri?
Ne ho viste davvero molte: Londra continua ad avere un grande fascino, così come Barcellona. In Italia a me piace tanto Milano, ci ho lavorato e la sento vicina come modo di intendere la vita. Oppure sarà che calcisticamente più di San Siro non c'è niente nel nostro Paese.
2-Viaggiate in gruppo, quando vi muovete in aereo? Se sì, come passate il tempo?
Ormai siamo mosche bianche nel panorama giornalistico fiorentino e nazionale. Sì, ci muoviamo in tre nelle trasferte di un giorno e due in quelle con l'aereo. Il tempo scorre col "cazzeggio" e da un anno con un arnese infernale che fu introdotto per la prima volta dal professor Pestuggia: l'ipad. In pratica ne sono quasi diventato schiavo, per vedere la partita al ritorno la sera, per leggere la posta e aggiornare il blog all'andata. Ma come avrò fatto a vivere fino al 1990 senza telefonino e fino al 2012 senza ipad? Eppure in trasferta ci andavo lo stesso...
3-Che differenze avverti rispetto a quando eri più giovane nei viaggi, nelle sensazioni, in ciò che provi?
Ora, con tre figli, ogni volta vengo attraversato dalla paura dell'incidente e ripenso ai tanti anni trascorsi sulle strade a seguire la Fiorentina. Credo davvero di essere il giornalista che ha visto in assoluto più partite in diretta, avendone perse otto in tutto dal settembre del 1981, cioè una vita. Non direi che mi fa fatica, però chiaramente sono diventato più riflessivo.
4-Hai episodi buffi o carini avvenuti durante una trasferta?
Ce ne sono stati tanti, tantissimi, come quello del cellulare che squillava inopportuno in una chiesa di Cremona nel 1991. Oppure le paranoie di un ex giornalista di Radio Blu ,che da Firenze a Piacenza disse che non se la sentiva di fare la radiocronaca al posto mio, dopo che l'aveva fatta una sola volta in quattro anni e quindici mesi prima. Fu una sorta di pesantissima seduta di psicanalisi di cinque ore, effettuata insieme con l'inseparabile Pestuggia, ma servì a poco perché poi i segnali di squilibrio continuarono anche negli anni successivi.
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