Quella sera di settembre l’eleganza del ricciolo lasciò il Liverpool senza parole e Firenze in una gioiosa crisi di tachicardia. Novanta minuti di vita per trovare una risposta a una domanda esistenziale. Cosa può essere la felicità? Stevan Jovetic, quella volta, spiegò la sua versione della felicità ai tifosi del viola, con due reti che fecero sentire tutti finalmente grandi tra i grandi. Era un ragazzino, il terribile Jo Jo. Coi capelli alla Brian May e il sorriso di chi ancora non ha capito cosa farsene di tutta quella fortuna. Pochi pensieri e molto amore intorno. Firenze aveva finalmente quello che cercava. Cioè il futuro fatto in casa: piedi raffinati e cervello creativo. Jo Jo aveva tutto. Perfino un soprannome divertente come i suoi dribbling.
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Jovetic, il lungo addio del quasi fenomeno
L’incipit dell’articolo di Benedetto Ferrara
In quanti abbiamo sognato una Fiorentina che cresceva con lui? O comprato una maglietta col suo nome, magari per regalarla a un figlio innamorato del pallone e del suo nuovo simbolo coi riccioli e il sorriso stralunato? Sì, Jovetic è piombato nei nostri cuori con un salto. E poi? Poi, all’improvviso, con un altro salto ha deciso di fuggire lontano. Un lampo. E’ successo un anno fa, di questi tempi. Il sorriso tagliato via e i riccioli pure. Eppure la Fiorentina lo aveva trattato da re. Ma la Juventus aveva mosso le sue pedine e il suo procuratore aveva iniziato a tessere la tela. Cose già viste a Firenze. Ventitre anni fa, per essere precisi.
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