Stile inconfondibile, ciuffo ribelle, look casual e fisico tanto imponente che a vederlo sembrerebbe di aver ancora di fronte un calciatore. Non uno dei tanti, ma uno di quei difensori rocciosi, arcigni, uno di quelli che mette l'anima pur di non farsi saltare dagli avversari. Ecco, Andrea Sottil era proprio questo, un guerriero. E lo è tuttora, basta osservarlo mentre dirige i suoi uomini dalla panchina: un martello costante per 90 minuti, grinta e carisma da vendere al servizio di una città - Siracusa - pronta a gettarsi nel fuoco per lui. Primo posto in classifica nel girone I del campionato di Serie D, squadra rinata e un futuro radioso davanti.
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Quasi vent'anni di carriera ad alti livelli con le maglie, tra le altre, di Torino, Fiorentina, Atalanta, Udinese e Catania: "Ai miei tempi - racconta Sottil - eravamo abituati ad allenamenti diversi, si partiva dalla marcatura a uomo e c'era una struttura completamente differente. Non c'era tutta questa tecnologia, questi grandi numeri, non esistevano tutti questi fattori non di campo.
A mio parere questo ha un po' rovinato il calcio - afferma l'allenatore del Siracusa in una lunga intervista concessa in esclusiva ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com - Noi pensavamo alla tecnica individuale, ci allenavamo saltando la corda e palleggiando con le palline da tennis. Come tutte le cose, è giusto che anche il calcio vada avanti e si sia modernizzato, però secondo me i principi da seguire sono sempre gli stessi, purtroppo adesso sono parecchio trascurati".
Sottil ha avuto la fortuna di confrontarsi con chi dimostrava di essere ogni giorno campione vero: "Già da giovane, al Torino, mi sono trovato catapultato in una squadra formata da giocatori straordinari: Vincenzo Scifo, Pato Aguilera, Walter Casagrande, Enzo Francescoli. Ho avuto maestri di vita e di calcio come Luca Fusi, poi ho avuto la fortuna di giocare con campioni eccezionali e di capire che si è campioni soprattutto nel quotidiano, con l'esempio che si dà agli altri, con l'essere leader all'interno di uno spogliatoio, con l'avere una grande cultura del lavoro, proprio quello che cerco di insegnare ai miei ragazzi. In questo senso penso a Gabriel Omar Batistuta, una forza della natura che a ogni fine allenamento si fermava sempre più degli altri per tirare le punizioni. Penso anche a Diego Alberto Milito (compagno al Genoa, ndr), un grandissimo uomo oltre ad essere un grande calciatore. Con Mourinho ha vinto tutto meritatamente, ma io sapevo che sarebbe arrivato a quei livelli. Gli italiani? Ho giocato con tanti giocatori che avrebbero potuto fare molto di più, penso a Roberto Muzzi e Roberto Stellone, un vero talento".
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