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Quando Prandelli incontrò Novella, la compagna del ct

«Quando l’ho portata a casa per la prima volta, a Orzinuovi, e in famiglia c’è una zia che da tutta la vita parla esclusivamente dialetto bresciano, mia madre l’ha accolta …

Redazione VN

«Quando l'ho portata a casa per la prima volta, a Orzinuovi, e in famiglia c'è una zia che da tutta la vita parla esclusivamente dialetto bresciano, mia madre l'ha accolta con calore, travolgendola di attenzioni e parole. A un certo punto si è fermata, mi ha guardato e mi ha detto: Cesare, la capis o la capis mia...?!». Novella respira l'Arno, solcato da canottieri all'altezza mozzafiato di Ponte Vecchio, e ride ancora al ricordo: «Capivo, eccome se capivo...».

Questa è la storia di un incontro. Tre anni fa, a Firenze. Cesare e Novella. Non servirebbe altro — un uomo, una donna, una città e un sentimento — per raccontare una corrispondenza di amorosi sensi protetta con discrezione dal bombardamento del gossip, precauzione necessaria perché quell'uomo è Cesare Prandelli, c.t. della nazionale italiana (dal 1° luglio 2010), all'epoca allenatore della Fiorentina, e quella donna è Novella Benini, occhi trasparenti che già incantarono Chicco Testa, nonno banchiere, madre di Bonaccorso (detto Tappo) figlio di primo letto; segni particolari: l'esuberanza contagiosa e un piercing al naso («Anellino. Il brillantino sarebbe stato banale...») che scavalcata la soglia dei quaranta le dà un'aria da matura, ed eterna, ragazzina. Tre anni fa, dunque. Un locale sul Lungarno. Cesare: «L'ho vista. Bionda, espansiva, bella. Inizialmente volevo far fidanzare un mio carissimo amico, poi ci ho ripensato...».

Novella: «L'ho visto. Non l'ho riconosciuto. Se ne stava in un angolo, da solo. Sentivo che aveva un accento strano. Pensai che somigliasse a un pastore bergamasco...». Lei: «Ciao, cosa fai qui?». Lui: «Il rappresentante farmaceutico». Fanno due passi. «La prima persona che incontriamo gli dice: buonasera, mister. La seconda pure. La terza ho capito».

Era il tecnico che aveva riportato la Fiorentina sulla mappa del calcio italiano, Cesare; dimissionario dalla Roma sei stagioni prima per rimanere accanto alla moglie Manuela, rapita da un tumore all'ora di pranzo del 26 novembre 2007. Stato civile: vedovo. Novella ha la delicatezza di una ballerina classica, e una sensibilità tutta sua. Lei: «Nessuno dei due pensava a una relazione: Cesare non ha fatto il pressing tipico di certi maschi». Lui: «E poi io non so corteggiare, non sono proprio capace». Camminano. Parlano. Camminano. Parlano. «E sì che io sono un tipo taciturno, mi piace di più ascoltare. Ma vedevo che con Novella mi aprivo, chiacchieravo, ero a mio agio...». «Lo dovevo disinnescare alle due di mattina!» stuzzica lei. Quell'uomo, quella donna, quella città. È cominciata così.

Novella, all'inizio, è invisibile. Della donna del mistero si vocifera, ma si sa pochissimo. Quando la relazione e il ruolo di c.t. compiono un anno — ed è ormai chiaro che né l'una né l'altro sono estemporanei —, compare in qualche occasione da jet set fiorentino (il ballo del Giglio a Palazzo Vecchio, padrone di casa il sindaco, Matteo Renzi, per cui fanno un tifo sfegatato entrambi: «Renziani incalliti!»), poi a Marassi, al Bentegodi, al Manuzzi, a Coverciano, Cesare sempre protettivo e Novella sempre un passo indietro, consapevole degli sguardi su di sé, totalmente disinteressata al calcio («Alle prime partite mi attirava prendendomi per la gola: vieni a Bologna? C'è un ristorantino...»), coinvolta nell'ambiente per puro amore.

«Ci siamo mossi giorno dopo giorno, a piccoli passi, con attenzione. Abbiamo tutti e due figli da matrimoni precedenti: inseguire la tua felicità non ti autorizza a creare l'infelicità altrui» spiega Novella inalando la sua Firenze a pieni polmoni in una giornata di primavera croccante, come per farsi coraggio nell'esporre per la prima volta — «E l'ultima!» — un tesoro privato (grazie della fiducia), ormai così solido da non poter più essere sciupato. Il tema è delicato ma Cesare si offre con generosità: come si ama una seconda volta, dopo il finale triste della prima? Che sapore ha un amore adulto, indossato a 56 anni? «Ogni grande amore ha caratteristiche proprie e uniche. Entrambi sono sentimenti bellissimi, entusiasmanti. Dire di no alla seconda chance di amare ed essere amato che mi ha offerto la vita, avrebbe significato andare contro natura».

Tre anni dopo, davanti a Ponte Vecchio e a un Morellino di Scansano, alla vigilia della Confederations Cup che consacrerà Prandelli sulla panchina della giovine Italia e a dodici mesi dal Mondiale brasiliano che chiuderà la sua esperienza in azzurro, si può finalmente ridere a cuor leggero parlando delle passioni in comune («L'arte contemporanea, i cani e l'arredamento. Uno dei nostri giochi preferiti è il ‘‘fantacasa'', copyright di Novella, cioè immaginare di smontare e rimontare case a nostro piacimento»), dei temi di discussione (Novella: «Io non voglio litigare, non so litigare, sono molto buddista dentro»; Cesare: «Come si può non saper litigare?! La verità è che ormai la conosco: capisco dove mi vuole portare e le dico okay, va bene...»), del luogo fisico, oltre che dell'anima, dove costruire una quotidianità nella vita da globetrotter del c.t.: «L'ho convinta a venire da me. Ho provato a stare due giorni da lei ma era invivibile: pieno centro, un traffico pazzesco, un casino... Dopo qualche tempo ha convenuto che vivo nel posto più bello di tutta Firenze!». Chi cucina? Novella. «Poco ma bene. Gli faccio anche il risotto lumbard e lo stinco con la polenta». Cosa non si fa per amore...

Ciò che non condividono per slancio spontaneo (il calcio), entra in casa Prandelli-Benini per forza di cose. Novella ha studiato: «Vedo sei partite alla settimana da tre anni... Ormai di fuorigioco passivo so tutto! Ogni tanto Cesare mi interroga. L'altra sera mi sono cuccata persino Novara-Empoli». Lui: «Ma se hai dormito tutto il tempo!». Novella ha gusti precisi: i giocatori non li giudica solo da un calcio di rigore, ma anche dall'aspetto fisico. «Peccato che tutti quelli che mi consiglia, nelle loro squadre stanno sempre in panchina! Di tecnica, diciamocelo, la capis mia...».

Sono allegri, complici, innamorati. Cesare odia festeggiare i compleanni, e le sorprese. E Novella gliene fa di continuo: una festa in spiaggia a Bolgheri («Con Mick Jagger, di passaggio, imbucato!»), un pic nic sul campo da golf in Sicilia, una cena stellata a bordo piscina con la nipotina Manuela («È un nonno dolcissimo»). Cesare capitola con una certa emozione: «Lo ammetto: tre compleanni indimenticabili». E Mario Balotelli, Novella: qualche volta non hai la sensazione di una presenza di troppo nel tinello? «Cesare lo tratta con comprensione paterna. Siccome nel suo lavoro è eccellente, lo appoggio in tutto». «E a me serve confrontarmi con lei — racconta il c.t. — perché, non essendo dell'ambiente, ha uno sguardo sempre fresco e disinteressato, o vede cose che a volte io do per scontate: tempo fa mi colpì un suo commento sul carattere di un giocatore, che mi fece capire delle cose...».

Se il modello di famiglia allargata oggi funziona («Siamo i Cesaroni moderni: figli, nipoti, sorelle, l'anno scorso abbiamo passato tutti insieme un Natale fantastico a Zanzibar» confessa Cesare) e certi paragoni non vogliono affatto suonare offensivi («Lei è come Cassano: dice tutto quello che le passa per la testa!»), è ormai certo che sulla personalissima panchina di Prandelli Novella si è seduta per restare: «Il vero c.t., in casa, è lei: con la sua dolcezza riesce a farmi fare tutto».

Corriere della Sera