“La messa al bando delle third parties? Non risolverà il problema della presenza dell’economia parallela del calcio globale, che ha già trovato altri modi per fare i propri interessi: è lo stesso discorso del doping, che arriva sempre prima dell’antidoping”. Ne è fermamente convinto Pippo Russo, giornalista e docente universitario, che con il suo libro “Goal di rapina” ha coraggiosamente alzato il velo sulla crescita esponenziale di quella che lui definisce “economia parallela del calcio globale”, ovvero tutta una serie di attori – fondi investimento, agenzie monopoliste, agenti – che speculano sul calcio portando al di fuori del sistema calcio i proventi delle loro attività.
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Pippo Russo: “Abolizione third parties? Il problema resta”
“La messa al bando delle third parties? Non risolverà il problema della presenza dell’economia parallela del calcio globale, che ha già trovato altri modi per fare i propri interessi: è …
“Con la messa al bando delle third-party ownerships non vengono cacciati dal calcio gli interessi finanziari dell’economia parallela del calcio globale – sostiene Russo – Semplicemente si passa dal mero sfruttamento finanziario, i fondi di investimento per capirci, all’acquisizione di club di seconda o terza fascia che si prestano a vere e proprie triangolazioni. In passato ci fu il caso eclatante del Locarno, ora possiamo citare il Nastic Tarragona, controllato dalla Promoesporte”.
Il risultato è una degenerazione del mercato: se ai tempi del discusso passaggio di Tevez dal Corinthians al West Ham, orchestrato dalla MSI di Kia Joorabchian, si parlava comunque del trasferimento di un giocatore di valore assoluto, ora si è innescata una deriva ancora più pericolosa, nella quale il valore tecnico non è più nemmeno un pretesto: “I calciatori coinvolti sono sempre più di minor valore, meri strumenti di circolazione del denaro”, sottolinea Russo.
Dall’altra parte c’è invece la realtà dei top club europei, che possono abbinare ingenti disponibilità finanziarie a innegabili legami con gli attori dell’economia parallela: “Prendiamo il caso del Barcellona. Tutti lo dipingono come un modello di democrazia, sottolineando la presenza dei soci e il loro diritto di voto alle elezioni presidenziali. Peccato che tra un’elezione e l’altra, l’azionariato popolare non abbia alcun controllo sull’attività dei presidenti: sia Laporta che soprattutto Rosell hanno macchiato la loro gestione con operazioni finanziarie poco limpide. Si badi bene che stiamo parlando di club potentissimi già di loro, che però non si fanno remore nell’avere rapporti stretti con l’economia parallela”.
Secondo Pippo Russo, il sempre più probabile avvento della Superlega acuirebbe ulteriormente il problema: “Innanzitutto, l’eventuale Superlega europea uscirebbe dall’egida della UEFA, che un seppur minimo freno lo ha sempre messo. Secondariamente, sarebbe formata dagli stessi club che fanno tuttora affari e sono compromessi con l’economia parallela. Prendiamo il Valencia, di proprietà di Peter Lim, che affitta i giocatori al suo stesso club! O anche a casi italiani, come la Juventus che ha ingaggiato Morata – controllato da Doyen – o la Roma, che ha ingaggiato Iturbe, controllato al 30% da Gustavo Mascardi”.
La proverbiale domanda che sorge spontanea è allora un’altra: è possibile restare competitivi nel calcio moderno senza dovere fare affari con l’economia parallela? Pippo Russo... gira la domanda: “Io dico: dove sta scritto che un club debba per forza fare mercato? E’ possibile restare competitivi intrattenendo affari con l’economia parallela, di conseguenza perdendo autonomia decisionale? Secondo me la risposta è no, a entrambe le domande. Perchè il punto è che nel momento in cui un club entra nel giro dell’economia parallela, difficilmente poi ne esce. In Spagna ci sono i casi di due club – Sporting Gijon ed Elche, che dai fondi investimento hanno ricevuto finanziamenti non più per fare mercato, ma per la spesa corrente. A quel punto è evidente che le politiche aziendali non dipendano più dalla dirigenza, ma da qualcun altro”.
Come sottolineato in precedenza, il problema principale è l’aggirabilità delle norme: “In Europa solo Germania, Inghilterra e Polonia dicono esplicitamente no alle terze parti, ma gli escamotage si trovano sempre – sottolinea Pippo Russo - Ad esempio, la donazione di 25 milioni di € fatta quest’estate da Klaus-Michael Kuhne all’Amburgo non è il gesto disinteressato di un tifoso ricco e un po’ eccentrico, ma un’operazione molto interessata, per mantenere come minimo un potere decisionale su quali giocatori ingaggiare con quella somma. O ancora, il caso di Eliaquim Mangala: il Manchester City secondo le regole inglesi non poteva versare direttamente a Doyen Sports e D’Onofrio le rispettive quote del valore del cartellino. Il problema è stato risolto versando l’intera somma al Porto che ha poi ripartito le varie competenze”.
Un problema che, come abbiamo visto, riguarda anche il calcio italiano. Secondo Pippo Russo i casi non mancano,soprattutto legati alla scorsa estate, “da Lestienne a Felipe Anderson, salito alla ribalta per la querelle Doyen-Lotito: Lotito non si è fatto problemi nel trattare con Doyen, semplicemente voleva tirare sul prezzo. Ma i due casi più clamorosi riguardano il Palermo e Zamparini, che dopo il salasso nella disputa con Simonian legata a Pastore, si è visto condannare dal TAS di Losanna a pagare 8 milioni di € in più per il cartellino di Dybala, semplicemente perchè... aveva già pagato l’intermediario sbagliato. A mio parere, il fatto che un tribunale come il TAS dia ragione a una terza parte rischia di creare un precedente pericoloso e in controtendenza con le pur blande mosse della FIFA”.
Pippo Russo, "Gol di rapina", Clichy editore, 15 €
Tratto da goal.com
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