In Italia sono sette gli allenatori ad aver conquistato lo scudetto in due città diverse. Ma solo uno, Fulvio Bernardini, “Fuffo nostro” come lo chiamavano al Testaccio, è riuscito a farlo lontano dalle tre metropoli del calcio, Juve, Inter, Milan. Bernardini vinse nel ‘56 a Firenze e nel ‘64 a Bologna. «Ne è sempre andato così fiero», ricorda ora Mariolina, una delle figlie. Una vita da film, quella di Mariolina, per 25 anni direttrice di una scuola di cinema a Roma. «Ma non certo come quella di mio padre, che fu portiere, attaccante, centromediano, ct, ds, reggente della Figc, giornalista, tanto è vero che anni fa vennero a proporci una fiction, ma non se n’è poi fatto nulla».
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Mariolina Bernardini: “Mio padre Fuffo che vinse col Bologna e la Fiorentina”
"I fiorentini gli hanno voluto bene, ma son tremendi, s’arrabbiano spesso. Son fiorentini, appunto. In agosto mi hanno invitata per i 90 anni del club..."
Era anche laureato.
«In Economia. Quand’era all’Inter negli anni ‘30 diede qualche esame alla Bocconi, poi andò alla Roma e la laurea la prese lì, a Fontanella Borghese. Anzi, mi devo ricordare di andarla a ritirare perché me l’ha chiesta di recente proprio la Roma per una mostra».
Fulvio e Firenze.
«Io ci feci le elementari, a Firenze. Ricordo il lunedì con lui e mamma al cinema. Per strada si formavano dei capannelli di tifosi, e quando la Fiorentina aveva perso ricordo mamma che diceva: ‘Dai non passiamo di lì, che la gente è arrabbiata’. Papà invece ci andava lo stesso, serissimo. I fiorentini gli hanno voluto bene, ma son tremendi, s’arrabbiano spesso. Son fiorentini, appunto. In agosto mi hanno invitata per i 90 anni del club, ho chiacchierato tanto con Sarti, poi per caso ho incrociato il figlio di Julinho, uno dei campioni di quella squadra. Mi ha abbracciata. ‘Mio padre - mi ha detto - mi parlava sempre del suo, il grande allenatore”. Sono cose che fanno piacere».
Fulvio e Bologna.
«I bolognesi lo capirono in fretta, la sintonia fu totale. Papà era loquace, estroverso, non poteva non piacere. I primi anni abitava in una casa buia in via Amendola, di proprietà di Dall’Ara. Mamma gli diceva sempre che poteva chiederne una più bella, ma lui in testa aveva solo il calcio. Poi quando ne affittò una a Casalecchio gliela arredò mia sorella Clorinda, architetto. Ma lo mandarono via poco dopo".
Repubblica Bologna
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