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Fiorentina-Siena nel nome di Bruno Beatrice

Domani ricorrerà il 25° anniversario della morte di Bruno Beatrice, ex centrocampista della Fiorentina, deceduto a causa di una leucemia linfoblastica acuta provocata da uno scellerato ciclo di raggi Roentgen, al quale venne …

Redazione VN

Domani ricorrerà il 25° anniversario della morte di Bruno Beatrice, ex centrocampista della Fiorentina, deceduto a causa di una leucemia linfoblastica acuta provocata da uno scellerato ciclo di raggi Roentgen, al quale venne sottoposto 10 anni prima del suo decesso, durante la sua permanenza a Firenze, nel periodo in cui allenava Carlo Mazzone, il quale, secondo i carabinieri, in totale autonomia dallo staff viola ed in accordo con Micucci (suo collaboratore personale) decise di far curare Beatrice con i raggi Roentgen per ottenere un recupero più rapido dalla pubalgia, contrariamente a quanto prescritto al giocatore dal medico. Trattasi della prima morte riconosciuta a causa del "calcio" italiano.

Ironia della sorte domani al "Franchi" di Firenze scenderanno in campo due squadre che hanno visto Beatrice indossare le proprie divise. Un motivo in più per dedicare al mitico "Indiano" il match di domani.

Roberto Vinciguerra

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tratto da L'Avvenire

(articolo di Massimiliano Castellani)

Una famiglia che chiede giustizia: «Ci rivolgeremo al giudice del lavoro, il caso Beatrice è una “morte bianca” del nostro calcio»

Flavio Bruno gattona davanti alla foto-poster di Bruno Bea­trice e grida spensierato: «Nonno palla...». Flavio Bruno è il figlio di Claudia Beatrice, figlia del mediano di quella “tragica” Fioren­tina anni ’70, morto il 16 dicembre del 1987, a soli a 39 anni «per una leucemia linfoblastica, a causa di un ciclo scellerato di raggi Roentgen», viene in soccorso suo fratello Ales­sandro che tiene per mano la picco­la Viola. Due nipoti che nonno Bruno ­se fosse vivo oggi a­vrebbe 64 anni - lo potranno vedere solo in foto o im­maginare dai racconti dei loro ge­nitori («Eravamo piccoli anche noi quando papà è morto: io avevo 10 anni e Alessandro 8») e soprattutto quelli di nonna Gabriella . La “ve­dova courage” delle tante morti del pallone diventate mistero e nel ca­so di Beatrice, capitolo principale del “Giallo Viola”. «Che mio marito sia morto per colpa del calcio lo grido da 25 anni... Ora spero che il mio appello che consegno ad Avve­nire scuota un attimo le coscienze di quei signori del Palazzo del pallone che fino ad oggi si sono trincerati dietro un vergognoso muro di omertà».

Chiede verità e giustizia la famiglia Beatrice: «Ci sono perizie mediche e indagini dei Nas di Firenze che dicono che quel ciclo criminale di Roentgen a cui papà venne sotto­posto dalla Fiorentina (dal marzo al giugno del 1976), per guarire da una semplice pubalgia, l’hanno stroncato, portandocelo via troppo presto...», tuona Alessandro. «È tempo che si vada a fondo una vol­ta per tutte su quella di Beatrice, ma anche sulle altre morti e i mala­ti della Fiorentina degli anni ’70...

Chissà quante porcherie c’erano dentro le flebo che gli facevano?

Che gli davano sostanze - Micoren, Cortex - ormai lo sappiamo con certezza. Il suo compagno di squa­dra Nello Saltutti prima di morire d’infarto lo confermò a me e agli inquirenti». Oltre a Beatrice e Saltutti ci sono state altre 3 morti sospette in quella Fiorentina: Ugo Ferrante, Giu­seppe Longoni e Massimo Mattolini. Oltre alle malattie di Domenico Caso (tumore), Giancar­lo Antognoni (in­farto) e Giancarlo Galdiolo, ultimo caso di Sla (Sclerosi laterale amio­trofica) nel calcio. Storie insabbia­te (sulle quali, comunque, è stata chiusa senza esito l'inchiesta "Giallo Viola", in quanto non è stata provata la correlazione, ndr), mentre l’iter giudiziario del caso Beatrice è iniziato nel 1997 quando Gabriella presentò l’esposto per la morte del marito alla Procura di A­rezzo. «Scrissero due paginette e archiviarono di corsa», ricorda la vedova Beatrice che con i suoi figli aveva sperato in una coda risoluti­va in sede penale, specie dopo la riapertura dell’inchiesta coordina­ta dal pm Luigi Bocciolini ed ese­guita dai carabinieri dei Nas di Fi­renze. «Nonostante le cartelle clini­che di quella squadra erano spari­te, si ipotizzava l’omicidio prete­rintenzionale. Alla fine però, niente processo e inchiesta archiviata per prescrizione. Eppure, dalle indagi­ni e dagli interrogatori, è comun­que emersa una realtà che parlava di “sperimentazione medica” effet­tuata su Beatrice e i compagni di quella formazione viola», dice l’av­vocato Odo Lombardo che con il collega Antonio Voce patrocina la famiglia dell’ex mediano della Fio­rentina, la quale ora confida alme­no in in un processo in sede civile.

«Siamo ricorsi al giudice del lavoro di Firenze perché quella di Beatrice è da considerarsi “morte bianca” del calcio a tutti gli effetti - spiega l’avvocato Lombardo - . Ci sono prove a nostro avviso di violazioni della normativa sulla tutela del rapporto di lavoro con specifiche responsabilità dei datori, dei diri­genti, dello staff tecnico (l’allenato­re di allora era Carlo Mazzone) e medico di quella Fiorentina. E sia ben chiaro che da questa vicenda la famiglia Beatrice non cerca ri­sarcimenti, ma vuole che tutti co­noscano la verità sul come sia stato possibile che un giovane sportivo sia assurto a vittima di interessi privati che con il calcio non do­vrebbero avere nulla a che fare». U­na “palla avvelenata” sulla quale il sospetto è che non si riesca o non si voglia più fare luce. «Fino a quando i calciatori verranno pagati con gli stipendi esorbitanti che an­cora circolano, anche in tempi di crisi nera, non si potrà mai arrivare alla verità, perché il silenzio è d’o­ro», dice Claudia carica di amarez­za. A nulla sono serviti in tutti que­sti lunghi anni i loro continui ap­pelli e neppure la fondazione dell’Associazione vittime del do­ping ha portato a dei risultati.

«Un’Associazione nata per contri­buire alla eliminazione di questa piaga che imputridisce il nostro sport - continua l’avvocato Lom­bardo - , ma da quando è sorta ha avuto solo una segnalazione, quella della mo­glie di Giuliano Taccola», la vedo­va dell’ex centra­vanti della Roma, morto anche lui per un’iniezione misteriosa, nel marzo 1969, a soli 26 anni. «Quello che trovo scandalo­so è che quasi tutti quelli che potevano partecipare al­la nostra battaglia sono spariti nel nulla», conclude Gabriella. Non se ne è fatto ancora niente neppure della proposta di un “Memorial Bruno Beatrice” avanzata alla Fio­rentina dei fratelli Della Valle che però hanno preso in considerazio­ne il progetto. E domenica, giorno del 25° dalla morte, ironia della sorte al Franchi si disputa Fiorenti­na- Siena. «Il club per il quale Bea­trice ha dato anche la vita, contro l’ultima squadra in cui ha giocato prima di chiudere con il grande calcio - dice sospirando Gabriella mentre accudisce i nipotini - .

Quando ripenso a tutte le domeni­che che giocava e restavo qui con i bimbi ad aspettarlo... Ora mi a­spetto un po’ di giustizia e ringra­zio chi ha inventato i ricordi, solo quelli mi fanno sentire Bruno an­cora vivo...».