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Carte d’identità, altro scandalo in A? Coinvolto anche Bergessio

Secondo ‘Il Fatto Quotidiano’, Gonzalo Bergessio si sarebbe recato nella città delle Marche per diventare cittadino italiano. L’attaccante argentino del Catania avrebbe presentato all’ufficio la documentazione per la...

Redazione VN

Secondo 'Il Fatto Quotidiano', Gonzalo Bergessio si sarebbe recato nella città delle Marche per diventare cittadino italiano. L'attaccante argentino del Catania avrebbe presentato all'ufficio la documentazione per la procedura (per gli inquirenti non autentica). Ora sono in corso accertamenti per verificare se Bergessio sia diventato italiano, ma soprattutto come.

Extracomunitari diventati 'italiani': quelli coinvolti farebbero parte di una big del Nord, una di Roma e una del Sud.

Scandalo carte d'identità facili: indagine su cinque giocatori di Serie A.

Due rampe di scale e, all’angolo del piano meno uno, una piccola stanza anonima. Il funzionario, un po’ leggero, molto intimidito (così la pensano dalle parti di Piazza del Popolo) che ha dispensato carte d’identità tarocche a giocatori di calcio, calcio a 5, pallavolo, forse basket, se ne sta seduto in un angolo e sussurra soltanto «no comment, anzi n.c....». L’indagato numero uno del nuovo scandalo del pallone è stato rimosso dall’incarico all’anagrafe in un amen, ma dopo aver concesso la cittadinanza italiana, fra gli altri, ad almeno venti giocatori professionisti: 5 di serie A, 15 di serie B o Lega Pro. Il calcio trema e si interroga sul perchè da Fermo sia partito un corto circuito del quale, sostengono gli inquirenti, non si vede la fine. Il piccolo centro marchigiano è scivolato dentro la cronaca per colpa di un’organizzazione criminosa - questo il timore - che approfittando delle debolezze di chi avrebbe dovuto controllare, e non l’ha fatto per una promessa di carriera e qualche regalo, ha trasformato cittadini brasiliani o argentini in italiani senza alcun diritto. Tanto meno lo «ius sanguinis», cittadinanza ottenuta per diritto di sangue.

Il pallone sbanda ancora una volta perchè c’è sempre una città da dove partono gli attacchi incrociati. L’inchiesta della procura di Fermo e dei carabinieri della città a metà strada fra Ascoli ed Ancona nasce un anno fa e mette sotto osservazione le carte d’identità irregolari a partire dal 2004. Tutti venivano a Fermo, tutti se ne andavano altrove con i requisiti giusti per farsi tesserare da squadre che, altrimenti, non avrebbero potuto farlo vista la regola restrittiva sugli extracomunitari da poter mandare in campo. A Fermo facevano tappa agenti, procuratori, intermediari: 34, compresi ex ed attuali dirigenti comunali, sono iscritti sul registro degli indagati. «Non siamo una città facile, leggera, superficiale. Mi sento di rivendicare - così il sindaco Nella Brambatti - la correttezza delle persone che lavorano in questi uffici per il governo della città: se qualcuno ha sbagliato è giusto che paghi. L’anagrafe? L’ho rivoluzionata, adesso è in mano a due funzionari laureati in legge...».

Il sindaco gioca all’attacco, i cinque calciatori di serie A le cui posizioni sono finite nel mirino dei carabinieri guidati dal capitano Pasquale Zacheo lo fanno nel campionato in corso. Nomi tenuti nascosti, nomi che farebbero parte di cinque società diverse: fra queste, un grosso club del nord, una delle due squadre capitoline e una del sud. «Per il gruppo di giocatori professionisti siamo in una fase delicata e complessa dell’indagine perchè dobbiamo verificare se le carte d’identità vere siano frutto di documenti falsati ad arte. Si tratta di un’operazione lunga in quanto richiede controlli internazionali...», così una fonte investigativa (nelle prossime ore i carabinieri chiederanno una serie di atti alla Federcalcio).

Il calcio italiano è attraversato da uno scandalo che, per certi versi, parte da molto lontano. Nel 2001 fu il tempo di «passaportopoli», Recoba e l’Inter sulla scena. Stavolta lo tsunami è più immediato e diretto: i passaporti non c’entrano, spazio alle semplici, ma decisive, carte d’identità. «Abbiamo svolto un normale controllo in base alla richiesta di residenza di un bulgaro che bulgaro non era. Una volta a casa sua, parlava romano meglio di uno di Roma....», racconta Guglielmo Pieragostini, il vigile urbano da cui nasce lo strappo di Fermo. Cambiare identità, per il dipendente comunale, «è ormai diventato fin troppo facile. E, questo, per il calcio è una manna dal cielo...». Ma, evidentemente, non solo per il calcio. Prima la procura della Repubblica di Ancona ed ora quella fermana si sono messe in moto: le accuse sono di falso ideologico, abuso d’ufficio, associazione a delinquere e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Ipotesi investigative pesantissime. «Ma questa non è e non deve passare come la città delle cittadinanze facili...», sottolinea il sindaco.

(La Stampa)