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Ferrara scrive: “Stadio diviso e gli errori di Sousa, ma l’Europa resta nel mirino”

La curva contesta, parte del Franchi la fischia. Le scelte del tecnico e un'altra partita ribaltata

Redazione VN

E' come infilare nel lettore un disco degli Ac/dc e ascoltarlo col volume al minimo. Così, per almeno un’ora, è lo stadio Franchi: l’impianto antiemozionale. Sembra quasi di vivere in trasferta, coi mille laziali che sventolano le bandiere e lanciano cori. Noi no, noi siamo qui ad assistere a una partita che vale poco e a dividerci sul nulla. Dalla Fiesole arrivano cori contro i Della Valle, il resto dello stadio fischia quei cori. Rosiconi ribelli contro filo governativi. Siamo ai minimi. E intanto i Della Valle non ci sono. Comunque il foglietto dice 25 mila, perché conta tutti gli abbonati come se fossero qui. Molti di loro invece sono altrove: shopping, cinemino, tv, mare, campagna, a passeggiare in centro inciampando nei trolley dei turisti che vagano senza meta tra le meraviglie del Rinascimento.

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Poi c’è Sousa che conta le ore che mancano alla fine. Se ne sta chiuso in panchina, dopo aver messo in formazione un inutile Cristoforo e dopo aver fatto felice De Maio, ex difensore lanciato dal tecnico come collaudatore di panchine. La Fiorentina parte moscia. E fin qui nessuna novità. In campo c’è molta fuffa e poco altro, almeno fino a quando Paulino non decide di fare i cambi giusti ammettendo implicitamente di aver sbagliato tutto. Kalinic in coppia con Babacar davanti e con due punte la Fiorentina si sveglia e alza il volume del Franchi, che diventa improvvisamente molto rock. Arrivano gol e pioggia, come ogni partita di fine stagione che si rispetti. I tifosi possono finalmente mostrare i loro sorrisi. E, comunque vada, meno due.

L'articolo completo di Benedetto Ferrara in edicola con La Repubblica