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Ferrara scrive: “L’aria è cambiata, ritorno alla luce tra orgogli e sorrisi”

La vittoria a Verona è frutto del lavoro di Pioli durante la sosta. Il 'muro' Pezzella, Benassi la vera sorpresa

Redazione VN

Uscire dal seminterrato e rivedere la luce. La Fiorentina lo fa con orgoglio e col sorriso, lo fa vestita col Rosso di Santa Maria Novella e correndo su una strada in discesa. E così Verona si abbandona tra le braccia di Pioli, che non perdona. Ogni errore un gol, e i gialloblù di errori ne mettono in fila una marea, mentre Simeone e i suoi passeggiano sulle loro fragilità. Gol, abbracci e pugni alzati al cielo: la Fiorentina ricomincia da qui, dopo una sosta utilizzata per assemblare ciò che prima non era stato possibile mettere insieme. Inutile aggiungere che questa vittoria ricca e senza storia non deve trasformare un ingiustificato pessimismo cosmico nel suo opposto. L’avversario oggettivamente non c’era, ma la Fiorentina ha mostrato buona personalità e tanto entusiasmo, quello che una squadra giovane deve sempre portare con sé, perché quello è il motore della sua forza, del suo correre alla conquista dei tifosi.

(...) Questa partita è il frutto soprattutto del lavoro che Pioli ha fatto durante la lunga sosta vissuta a quota zero.

Niente stress, niente musi lunghi. L’arte della motivazione viene fuori in momento come questi, nella costruzione dell’autostima di un gruppo che ha voglia di dimostrare qualcosa, pur consapevole dei propri limiti. Intanto la squadra ha preso subito in mano la partita, chiudendola di fatto dopo dieci minuti. (...) Il muro Pezzella, e Gaspar, che vola in attacco e non lo fermi e poi svolazza dietro alla ricerca del difensore che è in lui ma che non sempre riesce a trovare. E poi quel meraviglioso folle di Veretout, che si sbatte qua e là e poi tira fuori una punizione da urlo. E Benassi, il vero oggetto misterioso nato da un buffissimo equivoco. Lui che a Torino l’hanno venduto in quanto non adatto al 4-2-3-1, che viene a Firenze per ritrovare lo stesso modulo. Come fare? Beh, a ventitré anni, anche se sei un interno da 4-3-3, ci sta che tu possa spostarti qualche metro avanti e inventarti un ruolo che Sousa avrebbe definito basculante. (...)

L'articolo completo di Benedetto Ferrara in edicola con La Repubblica

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