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S. Berti a VN: “Vi racconto Luca Toni. Firenze? Anni straordinari. Prandelli, Sousa e la società…”

Silvia Berti racconta gli anni di Firenze: "Toni teneva alto il morale del gruppo. DV? Non hanno mai capito quanto conta la Fiorentina per i fiorentini"

Stefano Rossi

Silvia Berti ha curato la comunicazione della Fiorentina per sette anni. Con Cesare Prandelli c'è stata da subito grande intesa e i frutti, anche extra campo, si sono notati: quella squadra piaceva, faceva simpatia anche a chi non ne era tifoso. Violanews.com ha contattato oggi la Dottoressa Berti, nella giornata in cui Luca Toni ha deciso di annunciare l'addio al calcio:

Dottoressa, Luca Toni dice addio al calcio: che momenti avete vissuto a  Firenze?

“Ho mandato un messaggio a Luca. Per me lui rappresenta un modo particolare di vivere il rapporto nello spogliatoio. Ha grande umanità, senso dell'umorismo, è stato un onore e un piacere lavorare insieme per due anni. Il nostro rapporto è molto stretto, quando è andato al Bayern mi ha regalato le sue scarpe della finale mondiale di Berlino (Clicca qui per la FOTO). Ci ha fatto divertire tanto, è uno col sorriso stampato e la battuta pronta. E' l'ideale per tenere alto l'umore del gruppo. Ricordo però che l'esperienza non iniziò benissimo. Dopo essere stato comprato, Luca ci raggiunse in ritiro e venne presentato da Corvino. Dopo la conferenza alcuni tifosi gli urlarono : "Oh Toni, noi ci s'ha già Pazzini!” e lui mi disse “Si parte bene!”. In effetti il suo arrivo non venne accolto con grande entusiasmo, poi come sono andate le cose lo sappiamo tutti".

Prandelli ha detto che a Firenze Luca ha vissuto il suo momento migliore. Concorda?

"Beh, anche a Monaco non ha fatto male (sorride ndr). Luca a Firenze è esploso dopo aver fatto bene a Palermo, in viola è arrivato da giocatore maturo ed ha avuto grande visibilità. Ricordo che a quei tempi tutti volevano intervistarlo, pensate che ci contattò anche il New York Times. Con la Fiorentina è entrato nella storia vincendo, come primo italiano, la Scarpa d'oro. A proposito: in quell'occasione regalò un orologio alla squadra e ai dipendenti. In totale prese 43 Reverse Jeager-Le Coultre con la dedica 'Grazie, Luca Toni 2006'".

Adesso che appende le scarpette al chiodo in che ruolo lo vede? 

"Io ho sempre creduto che le società funzionano quando ci sono poche teste pensanti. Come dirigente non lo so, lo vedo adatto a scoprire talenti perché Luca sa di calcio e ha grande sensibilità nell'intravedere dove c'è del potenziale. Come dirigente o accompagnatore non lo immagino, non è uno che si ammazza di fatica. A Luca piace anche godersi la vita".

Inevitabile non chiederle un paragone tra la Fiorentina di oggi e la vostra. Cosa c'è di diverso, soprattutto a livello umano?

"Sono due due cose diverse. Quella di oggi è antipatica, è bastata una sbavatura come il tweet per il Benevento per far scatenare prese di giro sui social e da parte di alcune radio, anche nazionali. Se si stesse simpatici nessuno andrebbe a sottolineare gli errori che puoi commettere. Ai nostri tempi la Fiorentina era più sorridente, rappresentata da belle persone come Toni, Prandelli e Jorgensen. La gente si divertiva con loro e anche la società era più presente".

A proposito: lei nota un allontanamento da parte dei Della Valle?

"No, loro son sempre stati così. Io ho sempre pensato che loro non avessero mai capito fino in fondo cosa vuol dire la Fiorentina per i fiorentini e da dentro vivevo questa situazione con sofferenza. Anche all'interno della società ci sono pochi dipendenti di Firenze, il concetto di fiorentinità è un po' annacquato: se non altro nei miei primi anni c'erano il segretario Righetti e prima ancora Giovanni Galli, persone che sono nella storia della Fiorentina".

Adesso è in dubbio il futuro di Sousa. E' già successo con Montella e prima ancora Prandelli...

"Sousa deve fare l'allenatore, la proprietà la pensa così. Uno che prospetta e traccia percorsi da seguire non viene capito dai vertici societari. Chi fa questo lavoro vuole provare a vincere, la Fiorentina non è un'azienda. Finché si ragiona così non si può fare il salto di qualità. Serve più cuore e più passione, non parlo di investimenti straordinari. Alla gente di Firenze basterebbe questo".